Abbiamo trattato qualche volta nel passato la questione della tranvia di Firenze, i pro e i contro di una scelta che sta impegnando la città con una infinità di disagi, costi, ritardi. Costi a km da record mondiale inavvicinabile da chiunque altro. Una scelta che di una tecnologia un po' troppo vecchia a fronte di nuove esigenze e nuove tecnologia più adatte alla mobilità urbana. Qui riportiamo un articolo di qualche settimana fa uscito nel sito Per un'altra Città. Il grassetto nel testo è una nostra scelta.
1. Perché un progetto salutato all'inizio da molti come innovazione decisiva per il sistema urbano e trasportistico fiorentino è oggi avversato dalla gran parte degli abitanti coinvolti? Perché tanti tecnici un tempo assai favorevoli al “Progetto Tram” di Firenze ne sono adesso severi critici? Perché un programma nato per migliorare l'ambiente infligge attualmente alla città operazioni a grandissimo impatto? Perché un progetto di miglioramento infrastrutturale è diventato una voragine di debito pubblico?
La vicenda del Tram a Firenze è la storia di una metamorfosi, dall’“eccellenza programmatica” dichiarata all'inizio, all’antipianificazione della realtà odierna. Un'operazione che, proprio per questo, da soluzione diventa generatrice di problemi. Anche nel comparto in cui doveva introdurre forti migliorie, cioè nel sistema di mobilità cittadina.
Il Piano di Circolazione tramviaria fiorentino doveva infatti costituire un programma omogeneo, costruito sulle esigenze e sulle domande reali di spostamento tra le varie parti della “città diffusa”, nell'ambito di un più generale Piano Urbano della Mobilità, da estendere nel tempo a tutta l'area metropolitana. Ciò che è avvenuto nella realtà è un quadro totalmente differente: il piano della mobilità generale non esiste, così come manca un piano organico della circolazione tramviaria (e sì che si era partiti da un’analisi – finalmente anche quantitativa – dei flussi di traffico e da una lettura, di una qualche consistenza, degli spostamenti).
Il sistema tramviario – diventato modello di antipianificazione – si rivela invece oggi un grande meccanismo “problem making” anziché “problem solving”: i cantieri aperti infatti stanno creando problemi alla vivibilità e alla mobilità della città; gli effetti ecologici sono altissimi; i costi superano clamorosamente anche quelli relativi a progetti analoghi (tramvia romana) già considerati spese inaccettabili; l’inefficienza – oltre ai ritardi ed agli elementi ostativi per la funzionalità del traffico attuale – giunge al punto di trascurare ed ignorare anche le opportunità offerte dalla più recente innovazione tecnologica.
2. I ritardi, con ovvia lievitazione dei costi dei cantieri e gli enormi disagi che gli stessi stanno procurando alla mobilità urbana, oltre che agli abitanti dei quartieri interessati, costituiscono la prima conseguenza della mancanza di pianificazione del progetto, e del procedere per assemblaggi forzosi di schemi progettuali diversi, anche in mutuo conflitto, disegnati senza logica di integrazione, per linea o addirittura per segmenti di linea. Con la necessità di continui aggiustamenti in corso d'opera e sempre maggiori gravami sulla città. Ciò che ha portato alla situazione odierna: invece della tre linee funzionanti e delle due in avanzata costruzione, secondo quanto previsto dall'agenda originaria, oggi funziona soltanto la linea 1, le linee 2 e 3 sono in fase di cantiere con forti ritardi, per le linee 4 e 5 non si prevede a breve neppure l'approvazione del progetto.
Anche questo dimostra la difficoltà di operare in assenza di quadro programmatico. E che il primo e prioritario problema è dunque costituito dall'assenza di uno scenario strategico integrato tra organizzazione urbanistica e sistema della mobilità; nonché dalla mancanza di un piano di circolazione tramviaria.
Le lacune programmatiche e la mutua conflittualità tra progetti diversi – peraltro mai definitivi ma sempre “in progress”- con variazioni continue e ritardi dovuti agli impatti, urbanistici, ambientali o sul traffico, si riflettono in errori progettuali macroscopici tra cui emergono: la presenza di una serie di strettoie (ingombro eccessivo in diversi punti delle linee); la cancellazione dell'offerta di servizio da alcune aree urbane pure a forte domanda, che restano scoperte, anche per le modifiche alle linee 2 e 3 e il rinvio sine die delle linee 4 e 5; l'assenza o il forte sottodimensionamento di parcheggi in aree chiave; la sostanziale sottrazione al sistema di alcuni segmenti e nodi strategici di flusso e interscambio (es. via Valfonda nei pressi della stazione SMN) che diventano nodi monofunzionali, “occupati esclusivamente” dal tram.
3. La grave mancanza di Via e Vas per un'infrastruttura strategica come la tramvia significa di per sé un'inaccettabile carenza del sistema progettuale e programmatico; per i molti problemi che vengono occultati proprio dalla mancanza di uno strumento analitico e valutativo fondamentale. Uno degli effetti di ciò, che emerge macroscopicamente ogni giorno, si evidenzia nella gestione dei cantieri delle linee 2 e 3; con continui, quotidiani impatti sul traffico urbano (rallentamenti e congestioni prolungate), gli inquinamenti soprattutto atmosferici ma anche acustici, e le macroalterazioni indotte sull’ecosistema della città: cancellazione di elementi a forte connotazione tipo-morfologica come brani di viali storici, distruzione di habitat tra cui, grave, lo sradicamento e la sparizione di migliaia di alberi, l'ingombro e talora lo stravolgimento di strati di suolo e primo sottosuolo. Il goffo tentativo di fronteggiare con la gestione quotidiana i problemi non previsti, perché non studiati nelle sedi opportune e peraltro dettate dalla legge (Via e Vas), sfocia nei disagi, nei rallentamenti, negli impatti, che ogni giorno rimbalzano dalla cronaca.
4. La fretta che paradossalmente produce ritardi anziché velocizzazioni, l'improvvisazione e la sciatteria di progetti determinati dalla rincorsa di “opportunità finanziarie a breve, altrimenti in sparizione” o del consenso mediatico, invece che dalla razionalità tecnica, programmatica e sociale, fanno sì che l'operazione tramvia a Firenze ignori anche le opportunità offerte dall'innovazione tecnologica più recente.
Si poteva infatti – e si può ancora – costruire uno scenario di mobilità di riferimento in cui inserire il piano di circolazione tramviaria, e, nelle more della loro realizzazione, avviare in tempi brevissimi i servizi già previsti dalle linee 2 e 3 con operazioni rapide, agevoli, ad impatto nullo o bassissimo; e mantenendo lo stesso schema di linea. Basta infatti guardare ed assumere le potenzialità offerte dall'innovazione energetica e tecnologica più recente: ilBlu Tram, già in commercio in Francia, e prossimo ad avviarsi in grandi città metropolitane come Parigi e Torino, è una soluzione che non necessita di binari e linee aeree, ma soltanto di corsie preferenziali riservate e di colonnine ad hoc di ricarica rapida delle batterie elettriche. Esso è costituito da moduli di vetture – appunto a batterie ricaricabili rapidamente – di 5,4 metri e 22 posti; che possono essere utilizzati singolarmente negli orari di “bassa”, o composti in diverse sezioni modulari per “jumbotram”, nelle ore di punta. La leggerezza e la flessibilità di tale tipo di “tram”, in realtà un autoveicolo a batteria, ne permette l'utilizzo, contingente o permanente, nelle situazioni urbane più problematiche. A Firenze il suo impiego permetterebbe di realizzare subito le linee 2 e 3, secondo lo schema già previsto; e realizzare nel frattempo i necessari scenari di mobilità generale e piano di circolazione tramviaria. Con la possibilità di verificare successivamente, nei tempi dovuti, se muovere nel periodo medio-lungo verso la realizzazione di linee tramviarie tradizionali o mantenere veicoli speciali quali il Blu Tram. Purtroppo i gestori della tramvia fiorentina ignorano o disconoscono tali situazioni e quindi simili opportunità.
5. Le lacune, le mancanze, le inefficienze, le aporie che stanno caratterizzando il sistema tramviario fiorentino si traducono inevitabilmente anche in forti lievitazioni dei costi.
A Firenze la linea 1 è costata 263 milioni di euro per poco più di 7 km: la 2 e la 3 stanno costando 459 milioni di euro per poco meno di 12 km. Il costo medio unitario chilometrico è dunque di 37,5 milioni di euro a km: clamoroso! Se si pensa che il costo medio unitario europeo per linee tramviarie recenti è di 7,5 milioni di euro a km, che il costo medio unitario italiano per sistemi tramviari considerati pure di efficienza media, come i segmenti realizzati di recente nelle reti di Padova, Napoli e Torino, presentano un costo medio unitario di 8,2 milioni di euro a km. E che a Roma si sono realizzate le ultime linee al costo medio unitario di 22 milioni di euro a km – considerato uno spreco enorme – . A Firenze il tram costa mediamente il 40% in più rispetto a Roma, mentre rispetto ai dati recenti sul costo medio italiano ed europeo siamo più o meno al 500%! Peraltro, a questi costi ufficiali vanno aggiunti quelli “sommersi”, che non vengono mai contabilizzati ufficialmente, ma gravano sui cittadini e sulla collettività: tra questi la sottrazione di una serie di spazi al sistema generale di fruizione e di mobilità urbana e i costi sostenuti dal singolo per una modalità di spostamento alternativa.
Perché i cittadini fiorentini e toscani, insieme alla comunità nazionale, devono sopportare tale sistema di sprechi? È lecito favorire l'ennesima ingente quota di debito pubblico? Peraltro, oltre agli abitanti locali, anche la DG Trasporti della UE sta esprimendo non pochi dubbi.
6. Come altre Grandi Opere fiorentine, il sistema tramviario – così com'è attualmente congegnato – si sta rivelando un compendio di sprechi e danni, inefficienze e rischi. Questo si può ancora evitare: se si torna a quella razionalità di piano che era auspicata all'inizio della vicenda, ma poi è stata abbandonata. Realizzando – ribadiamo con i modi ed i tempi dovuti – il piano generale di mobilità urbana e metropolitana e il piano di circolazione tramviaria. E avviando nel frattempo i servizi previsti con le citate opportunità offerte dalle soluzioni “leggere” più innovative.
Per andare in questa direzione appare fondamentale la partecipazione degli abitanti, decisa, anche conflittuale, se necessario.
L'articolo è stato scritto da Alberto Ziparo, ma i contenuti sono tratti dal lavoro di tesi dell’Urbanista Alessandro Pecchioli, “Un Piano tramvia per l’area metropolitana fiorentina”, per il conseguimento della Laurea Triennale in Pianificazione della Città, del Territorio e del Paesaggio, il 21 dicembre 2015, presso la sede di Empoli di UNIFI
DI ALBERTO ZIPARO · 5 FEBBRAIO 2016
1. Perché un progetto salutato all'inizio da molti come innovazione decisiva per il sistema urbano e trasportistico fiorentino è oggi avversato dalla gran parte degli abitanti coinvolti? Perché tanti tecnici un tempo assai favorevoli al “Progetto Tram” di Firenze ne sono adesso severi critici? Perché un programma nato per migliorare l'ambiente infligge attualmente alla città operazioni a grandissimo impatto? Perché un progetto di miglioramento infrastrutturale è diventato una voragine di debito pubblico?
La vicenda del Tram a Firenze è la storia di una metamorfosi, dall’“eccellenza programmatica” dichiarata all'inizio, all’antipianificazione della realtà odierna. Un'operazione che, proprio per questo, da soluzione diventa generatrice di problemi. Anche nel comparto in cui doveva introdurre forti migliorie, cioè nel sistema di mobilità cittadina.
Il Piano di Circolazione tramviaria fiorentino doveva infatti costituire un programma omogeneo, costruito sulle esigenze e sulle domande reali di spostamento tra le varie parti della “città diffusa”, nell'ambito di un più generale Piano Urbano della Mobilità, da estendere nel tempo a tutta l'area metropolitana. Ciò che è avvenuto nella realtà è un quadro totalmente differente: il piano della mobilità generale non esiste, così come manca un piano organico della circolazione tramviaria (e sì che si era partiti da un’analisi – finalmente anche quantitativa – dei flussi di traffico e da una lettura, di una qualche consistenza, degli spostamenti).
Il sistema tramviario – diventato modello di antipianificazione – si rivela invece oggi un grande meccanismo “problem making” anziché “problem solving”: i cantieri aperti infatti stanno creando problemi alla vivibilità e alla mobilità della città; gli effetti ecologici sono altissimi; i costi superano clamorosamente anche quelli relativi a progetti analoghi (tramvia romana) già considerati spese inaccettabili; l’inefficienza – oltre ai ritardi ed agli elementi ostativi per la funzionalità del traffico attuale – giunge al punto di trascurare ed ignorare anche le opportunità offerte dalla più recente innovazione tecnologica.
2. I ritardi, con ovvia lievitazione dei costi dei cantieri e gli enormi disagi che gli stessi stanno procurando alla mobilità urbana, oltre che agli abitanti dei quartieri interessati, costituiscono la prima conseguenza della mancanza di pianificazione del progetto, e del procedere per assemblaggi forzosi di schemi progettuali diversi, anche in mutuo conflitto, disegnati senza logica di integrazione, per linea o addirittura per segmenti di linea. Con la necessità di continui aggiustamenti in corso d'opera e sempre maggiori gravami sulla città. Ciò che ha portato alla situazione odierna: invece della tre linee funzionanti e delle due in avanzata costruzione, secondo quanto previsto dall'agenda originaria, oggi funziona soltanto la linea 1, le linee 2 e 3 sono in fase di cantiere con forti ritardi, per le linee 4 e 5 non si prevede a breve neppure l'approvazione del progetto.
Anche questo dimostra la difficoltà di operare in assenza di quadro programmatico. E che il primo e prioritario problema è dunque costituito dall'assenza di uno scenario strategico integrato tra organizzazione urbanistica e sistema della mobilità; nonché dalla mancanza di un piano di circolazione tramviaria.
Le lacune programmatiche e la mutua conflittualità tra progetti diversi – peraltro mai definitivi ma sempre “in progress”- con variazioni continue e ritardi dovuti agli impatti, urbanistici, ambientali o sul traffico, si riflettono in errori progettuali macroscopici tra cui emergono: la presenza di una serie di strettoie (ingombro eccessivo in diversi punti delle linee); la cancellazione dell'offerta di servizio da alcune aree urbane pure a forte domanda, che restano scoperte, anche per le modifiche alle linee 2 e 3 e il rinvio sine die delle linee 4 e 5; l'assenza o il forte sottodimensionamento di parcheggi in aree chiave; la sostanziale sottrazione al sistema di alcuni segmenti e nodi strategici di flusso e interscambio (es. via Valfonda nei pressi della stazione SMN) che diventano nodi monofunzionali, “occupati esclusivamente” dal tram.
3. La grave mancanza di Via e Vas per un'infrastruttura strategica come la tramvia significa di per sé un'inaccettabile carenza del sistema progettuale e programmatico; per i molti problemi che vengono occultati proprio dalla mancanza di uno strumento analitico e valutativo fondamentale. Uno degli effetti di ciò, che emerge macroscopicamente ogni giorno, si evidenzia nella gestione dei cantieri delle linee 2 e 3; con continui, quotidiani impatti sul traffico urbano (rallentamenti e congestioni prolungate), gli inquinamenti soprattutto atmosferici ma anche acustici, e le macroalterazioni indotte sull’ecosistema della città: cancellazione di elementi a forte connotazione tipo-morfologica come brani di viali storici, distruzione di habitat tra cui, grave, lo sradicamento e la sparizione di migliaia di alberi, l'ingombro e talora lo stravolgimento di strati di suolo e primo sottosuolo. Il goffo tentativo di fronteggiare con la gestione quotidiana i problemi non previsti, perché non studiati nelle sedi opportune e peraltro dettate dalla legge (Via e Vas), sfocia nei disagi, nei rallentamenti, negli impatti, che ogni giorno rimbalzano dalla cronaca.
4. La fretta che paradossalmente produce ritardi anziché velocizzazioni, l'improvvisazione e la sciatteria di progetti determinati dalla rincorsa di “opportunità finanziarie a breve, altrimenti in sparizione” o del consenso mediatico, invece che dalla razionalità tecnica, programmatica e sociale, fanno sì che l'operazione tramvia a Firenze ignori anche le opportunità offerte dall'innovazione tecnologica più recente.
Si poteva infatti – e si può ancora – costruire uno scenario di mobilità di riferimento in cui inserire il piano di circolazione tramviaria, e, nelle more della loro realizzazione, avviare in tempi brevissimi i servizi già previsti dalle linee 2 e 3 con operazioni rapide, agevoli, ad impatto nullo o bassissimo; e mantenendo lo stesso schema di linea. Basta infatti guardare ed assumere le potenzialità offerte dall'innovazione energetica e tecnologica più recente: ilBlu Tram, già in commercio in Francia, e prossimo ad avviarsi in grandi città metropolitane come Parigi e Torino, è una soluzione che non necessita di binari e linee aeree, ma soltanto di corsie preferenziali riservate e di colonnine ad hoc di ricarica rapida delle batterie elettriche. Esso è costituito da moduli di vetture – appunto a batterie ricaricabili rapidamente – di 5,4 metri e 22 posti; che possono essere utilizzati singolarmente negli orari di “bassa”, o composti in diverse sezioni modulari per “jumbotram”, nelle ore di punta. La leggerezza e la flessibilità di tale tipo di “tram”, in realtà un autoveicolo a batteria, ne permette l'utilizzo, contingente o permanente, nelle situazioni urbane più problematiche. A Firenze il suo impiego permetterebbe di realizzare subito le linee 2 e 3, secondo lo schema già previsto; e realizzare nel frattempo i necessari scenari di mobilità generale e piano di circolazione tramviaria. Con la possibilità di verificare successivamente, nei tempi dovuti, se muovere nel periodo medio-lungo verso la realizzazione di linee tramviarie tradizionali o mantenere veicoli speciali quali il Blu Tram. Purtroppo i gestori della tramvia fiorentina ignorano o disconoscono tali situazioni e quindi simili opportunità.
5. Le lacune, le mancanze, le inefficienze, le aporie che stanno caratterizzando il sistema tramviario fiorentino si traducono inevitabilmente anche in forti lievitazioni dei costi.
A Firenze la linea 1 è costata 263 milioni di euro per poco più di 7 km: la 2 e la 3 stanno costando 459 milioni di euro per poco meno di 12 km. Il costo medio unitario chilometrico è dunque di 37,5 milioni di euro a km: clamoroso! Se si pensa che il costo medio unitario europeo per linee tramviarie recenti è di 7,5 milioni di euro a km, che il costo medio unitario italiano per sistemi tramviari considerati pure di efficienza media, come i segmenti realizzati di recente nelle reti di Padova, Napoli e Torino, presentano un costo medio unitario di 8,2 milioni di euro a km. E che a Roma si sono realizzate le ultime linee al costo medio unitario di 22 milioni di euro a km – considerato uno spreco enorme – . A Firenze il tram costa mediamente il 40% in più rispetto a Roma, mentre rispetto ai dati recenti sul costo medio italiano ed europeo siamo più o meno al 500%! Peraltro, a questi costi ufficiali vanno aggiunti quelli “sommersi”, che non vengono mai contabilizzati ufficialmente, ma gravano sui cittadini e sulla collettività: tra questi la sottrazione di una serie di spazi al sistema generale di fruizione e di mobilità urbana e i costi sostenuti dal singolo per una modalità di spostamento alternativa.
Perché i cittadini fiorentini e toscani, insieme alla comunità nazionale, devono sopportare tale sistema di sprechi? È lecito favorire l'ennesima ingente quota di debito pubblico? Peraltro, oltre agli abitanti locali, anche la DG Trasporti della UE sta esprimendo non pochi dubbi.
6. Come altre Grandi Opere fiorentine, il sistema tramviario – così com'è attualmente congegnato – si sta rivelando un compendio di sprechi e danni, inefficienze e rischi. Questo si può ancora evitare: se si torna a quella razionalità di piano che era auspicata all'inizio della vicenda, ma poi è stata abbandonata. Realizzando – ribadiamo con i modi ed i tempi dovuti – il piano generale di mobilità urbana e metropolitana e il piano di circolazione tramviaria. E avviando nel frattempo i servizi previsti con le citate opportunità offerte dalle soluzioni “leggere” più innovative.
Per andare in questa direzione appare fondamentale la partecipazione degli abitanti, decisa, anche conflittuale, se necessario.
L'articolo è stato scritto da Alberto Ziparo, ma i contenuti sono tratti dal lavoro di tesi dell’Urbanista Alessandro Pecchioli, “Un Piano tramvia per l’area metropolitana fiorentina”, per il conseguimento della Laurea Triennale in Pianificazione della Città, del Territorio e del Paesaggio, il 21 dicembre 2015, presso la sede di Empoli di UNIFI
DI ALBERTO ZIPARO · 5 FEBBRAIO 2016
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1 commento:
Insomma:_ la classica grande opera in stile Renzi.
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