Signore e signori, Ho trovato la risposta! Per quanto incredibile possa sembrare, sono inciampato per caso nell'unica tecnica che ci salverà da un cambiamento climatico fuori controllo! Per pura bontà di cuore, ve la offro gratis. Nessun brevetto, nessuna condizione particolare stampata in caratteri illeggibili, nessuna clausola nascosta.
Si tratta di una tecnologia legata a un nuovo metodo radicalmente innovativo di captazione e immagazzinamento del carbonio, che sta già provocando forti reazioni nel mondo scientifico. É economica, efficiente, e può essere sfruttata da subito. Si chiama: lasciamo i combustibili fossili nel sottosuolo.
Una sporca giornata della scorsa settimana, mentre i governi erano riuniti a Bali a prevaricarsi sul cambiamento climatico, con un piccolo gruppo abbiamo cercato di mettere in pratica questa strategia. Siamo piombati nella miniera di carbone a cielo aperto in attività a Ffos-y-fran nel Galles meridionale e abbiamo occupato gli impianti di escavazione, impedendo per un giorno le attività. Eravamo spinti da un fatto, che i saggi di Bali hanno in qualche modo tralasciato: se si estraggono, i combustibili fossili, poi saranno utilizzati.
Gran parte dei governi nel mondo ricco ora esortano i propri cittadini a usare meno carbonio. Ci spingono a cambiare lampadine, isolare i tetti, spegnere la televisione. In altre parole, utilizzano una strategia orientate alla domanda per affrontare il cambiamento climatico. Ma per quanto ne so io, nessuno di loro ha adottato una politica dell'offerta. Nessuno cerca di ridurre la disponibilità di combustibili fossili. Così lavorare sull'offerta non funzionerà. Ogni barile di petrolio, tonnellata di carbone, portata in superficie, verranno bruciate.
O forse dovrei dire che ce l'hanno, una politica sul versante dell'offerta: estrarre il massimo possibile. A partire dal 2000, il governo britannico ha versato alle compagnie carbonifere 220 milioni di sterline per contribuire all'apertura di nuove miniere o mantenere in attività quelle esistenti. Secondo il documento di orientamento sull'energia, il governo intende “ sfruttare economicamente al massimo ... le riserve di carbone rimanenti ”.
Il pozzo di Ffos-y-fran ha ottenuto autorizzazione dopo che due inviati del governo di Westminster avevano fatto andirivieni con Rhodri Morgan, primo ministro per l'assemblea gallese. Stephen Timms del ministero delle attività produttive ha elencato i vantaggi del piano chiedendo che la domanda “ sia evasa col minimo di ulteriore rinvio ”. Il suo successore, Mike O'Brien, ha avvisato delle gravi conseguenze nel caso il pozzo non avesse avuto l'autorizzazione. Il solo carbone estratto da Ffos-y-fran produce 29,5 milioni di tonnellate di anidride carbonica: secondo le ultime cifre dello Intergovernmental Panel on Climate Ch'ange, l'equivalente delle emissioni sostenibili di 55 milioni di persone per un anno.
L'anno scorso le autorità britanniche hanno preso in considerazione 12 nuove domande per miniere di carbone a cielo aperto. Le hanno approvate tutte, tranne due. Due settimane fa, Hazel Blears, la ministra responsabile per le autorizzazioni alle trasformazioni territoriali, ha scavalcato il governo di contea del Northumberland per dare il permesso a un impianto a cielo aperto a Shotton, sulla base del fatto che il progetto – che produrrà 9,3 milioni di tonnellate di CO2 – è “ambientalmente accettabile ”.
Il governo britannico ha anche una strategia di “massimo sfruttamento delle riserve nazionali esistenti di gas e petrolio”. Per sostenere nuova produzione, ha concesso alle imprese uno sconto del 90% sugli oneri di autorizzazione che si pagano per i sondaggi nella piattaforma continentale. Si spera che queste prospezioni aprano nuove frontiere per quanto riguarda i mari a ovest delle isole Shetland. Ci sono anche due piani per “spingere di nuovo in gioco le quote non sfruttate”. Se le compagnie petrolifere non utilizzano le proprie licenze, esse vengono revocate, e girate ad altri. In altre parole, si è pronti ad essere spietati interventisti quando si spinge al cambiamento climatico, non quando si tratta di prevenirlo: non c'è un ministro che parli di “obbligare” le compagnie a ridurre le proprie emissioni. Tutti sperano che il settore riuscirà ad estrarre sino a 28 miliardi di barili fra petrolio e gas dalla piattaforma continentale.
La scorsa settimana il governo ha annunciato nuove agevolazioni fiscali per le imprese che operano nel Mare del Nord. La ministra del Tesoro, Angela Eagle, spiega che l'obiettivo è “ assicurarsi di non lasciare non sfruttato il petrolio estraibile ”. Funziona così, la strategia per il cambiamento climatico: estraiamo sino all'ultima goccia di combustibile fossile, e poi preghiamo Dio perché nessuno lo usi.
E anche a livello mondiale si applica la medesima fede. Il nuovo rapporto della International Energy Agency avverte che “ è necessaria un'azione urgente ” per tagliare le emissioni. Poi l'azione che raccomanda è di investire 22 trilioni in nuove infrastrutture energetiche, gran parte dei quali verranno spesi a estrarre, trasportare, bruciare combustibili fossili.
Aha, direte voi, ma che ne è dei progetti di trattenere e immagazzinare carbonio? Ufficialmente quando si usano questi termini, si vuol significare captare e seppellire l'anidride carbonica prodotta quando si bruciano combustibili fossili. Cosa fattibile, ma ci sono tre problemi. Il primo è che questi combustibili vengono estratti e bruciati oggi, mentre non esistono ancora programmi per captare alcunché. Il secondo è che questa tecnologia funziona solo per le centrali energetiche e i grandi processi produttivi: non c'è modo possibile di misurarsi con le auto, aeroplani, sistemi di riscaldamento. Il terzo, come ha anche ammesso ai Comuni lo scorso maggio l'allora responsabile per l'energia Alistair Darling, è che le tecnologie necessarie “ potrebbero non essere disponibili ”(il governo è pronto ad ammetterlo quando si tratta, come in questo specifico caso, dell'energia nucleare, non quando si tratta di carbone).
Quasi tutte le settimane mi arriva qualche e-mail dove mi chiedono di cosa diavolo io stia parlando. Ma non la capisco, che l'esaurimento del petrolio risolverà il problema per noi? I combustibili fossili finiranno, torneremo a vivere nelle caverne e nessuno dovrà più preoccuparsi del cambiamento climatico. Queste persone che mi scrivono, fanno l'errore di mescolare le normali scorte di petrolio con l'insieme dei combustibili fossili. Certo, il petrolio raggiungerà un picco e poi la produzione calerà. Non so quando possa avvenire, e avvertirei gli ambientalisti a ricordare come se abbiamo avuto ragione sulla gran parte delle cose, abbiamo invece sicuramente sbagliato per quanto riguarda gli esaurimenti dei minerali. Ma molto prima del picco petrolifero, probabilmente la domanda supererà l'offerta e il prezzo lieviterà. Di conseguenza le compagnie petrolifere avranno incentive anche maggiori ad estrarre.
Già, spinti dai prezzi attuali, gli inquinatocrati stanno riversando miliardi sui carburanti non convenzionali. La scorsa settimana la Bp ha annunciate enormi investimenti nelle sabbie catramose canadesi. Il carburante prodotto in questo modo crea emissioni maggiori di quelle dall'estrazione petrolifera. In Nord America ci sono catrame e bitume a sufficienza per far bollire il pianeta varie volte.
E se finisce questo, passeranno al carbone, di cui esistono scorte sufficienti per centinaia di anni. Sasol, compagnia sudafricana creata nel periodo dell' apartheid – quando c'era l'embargo sul petrolio – per trasformare il carbone in carburante liquido per i trasporti, sta conducendo studi di fattibilità per nuovi impianti in India, Cina e Usa. Né la geologia, né le forze del mercato, ci salveranno dal cambiamento climatico.
Quando si guardano i programmi per l'estrazione di combustibili fossili, emerge l'orribile verità, che qualunque piano di taglio è un imbroglio. Senza strategie sul versante dell'offerta, non si può evitare un cambiamento climatico incontrollabile, per quanto drasticamente si cerchi di ridurre la domanda. Le discussioni di Bali non hanno senso se non producono un piano per lasciare i combustibili fossili dove stanno.
di George Monbiot - da The Guardian
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Veicoli elettrici - mobilità - tecnologie - ambiente - energia rinnovabile. L'esaurimento delle risorse e le conseguenti ripercussioni politiche ed economiche rendono necessario ridurre la dipendenza dall'importazione di prodotti petroliferi e spingere quindi verso lo sviluppo di fonti energetiche alternative. I veicoli elettrici possono utilizzare tecnologie e risorse nel modo più efficiente.
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2 commenti:
E' vero, finchè ci saranno combustibili fossili a buon mercato la domanda di essi non calerà.
La speculazione sul prezzo del petrolio, in parte, favorisce la transizione verso le fonti rinnovabili.
La mossa ideale sarebbe quella di utilizzare i soldi dei TFR aziendali per comperare petrolio e poi rivenderlo dopo qulache mese a prezzo maggiorato e con il guadagno pagarsi un impianto fotovoltaico per la propria casa o la propria ditta.
Buon Anno a tutti.
Raimondo
Puro vangelo !
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