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martedì 6 agosto 2019

Dazi, perso 1 miliardo nel quinto anniversario dell’embargo russo


Le esportazioni agroalimentari Made in Italy hanno perso oltre un miliardo di euro negli ultimi cinque anni a causa del blocco alle spedizioni in Russia che ha colpito una importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto all’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti divulgata in occasione dell’anniversario dell’embargo deciso 5 anni fa dal presidente Vladimir Putin con decreto n. 778 del 7 agosto 2014 e più volte rinnovato come ritorsione alla decisione dell’Unione Europea di applicare sanzioni alla Russia per la guerra in Ucraina.

L’agroalimentare italiano – spiega la Coldiretti – è infatti l’unico settore colpito direttamente dall’embargo che ha portato al completo azzeramento delle esportazioni dei prodotti presenti nella lista nera, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele, ma anche frutta e verdura come le mele, soprattutto della varietà Granny Smith dal colore verde intenso e sapore leggermente acidulo particolarmente apprezzate dai cittadini russi.

“Si tratta di un costo insostenibile per l’Italia e l’Unione Europea ed è importante che si riprenda la via del dialogo”, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “il settore agroalimentare è stato merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale”. Un pericolo che – aggiunge Prandini – riguarda anche le recenti tensioni commerciali con gli Stati Uniti con il presidente Donald Trump che ha minacciato dazi su una lunga lista di esportazioni Made in Italy, soprattutto vino e cibo, nell’ambito dello scontro sugli aiuti al settore aereonautico che coinvolge l’americana Boing e l’europea Airbus. Si tratta – ricorda Prandini – della prima sfida che dovrà affrontare la nuova Commissione Europea guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen, che dovrà gestire i complessi rapporti con lo storico alleato Usa e superare i motivi di divisione con il nemico del passato come la Russia ma soprattutto valorizzare l’agroalimentare europea per la nuova strategicità che ha assunto nel contesto internazionale.

Alle perdite dirette subite dalle mancate esportazioni in Russia si sommano – continua la Coldiretti – quelle indirette dovute al danno di immagine e di mercato provocato dalla diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy. Nei supermercati russi si possono ora trovare fantasiosi surrogati locali che hanno preso il posto dei cibi italiani originali, dalla mozzarella “Casa Italia”, dall’insalata “Buona Italia” alla Robiola Unagrande, dalla mortadella Milano al parmesan, dalla scamorza al mascarpone.

A potenziare la produzione del falso Made in Italy non è stata però solo l’industria russa, ma – riferisce la Coldiretti – anche molti Paesi che non sono stati colpiti dall’embargo come la Svizzera, la Bielorussia, l’Argentina o il Brasile che hanno aumentato le esportazioni dei cibi italiani taroccati nel Paese di Putin.  In Russia – precisa la Coldiretti – è possibile infatti trovare scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta Made in Bielorussia, ma anche salame Milano e Gorgonzola di produzione Svizzera e Parmesan o Reggianito di origine brasiliana o argentina.

Il rischio – continua la Coldiretti – riguarda anche la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, rischia di essere frenata per la mancanza degli ingredienti principali. In alcuni casi i piatti sono spariti dai menu mentre, in altri, sono stati sostituiti da tarocchi locali o esteri senza però che ci sia nella stragrande maggioranza dei ristoranti una chiara indicazione nei menu.

Un blocco dunque dannoso per l’Italia anche se – precisa la Coldiretti – va segnalato che nel 2018 l’export agroalimentare italiano è cresciuto del 7% rispetto all’anno precedente raggiungendo i 561 milioni di euro grazie ai comparti non colpiti dall’embargo, come il vino, le paste alimentari, pomodori pelati e polpe, tabacchi e olio, a conferma della fame d’Italia dei cittadini russi. I valori – conclude la Coldiretti – rimangono comunque nettamente inferiori a quelli del 2013, l’ultimo anno prima dell’embargo, quando le esportazioni agroalimentari Made in Italy avevano raggiunto i 705 milioni di euro.

Fonte Coldiretti 


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domenica 2 giugno 2019

Commercio con l'estero serie mondo a marzo 2019




A marzo 2019 si stima un moderato incremento congiunturale sia per le esportazioni (+0,3%) che per le importazioni (+0,7%). L’aumento congiunturale dell’export è determinato dalle vendite verso i paesi Ue (+0,9%), mentre quelle verso l’area extra Ue sono in lieve flessione (-0,5%).

Nel primo trimestre del 2019, rispetto al precedente, si registra una contenuta crescita delle esportazioni (+0,5%) e una consistente riduzione delle importazioni (-3,4%).

A marzo 2019 l’export è stazionario su base annua, sintesi di un andamento positivo per l’area Ue (+2,2%) e negativo per quella extra Ue (-2,8%). Le importazioni sono in lieve contrazione (-0,3%), sia dall’area Ue (-0,1%) sia da quella extra Ue (-0,5%).

Tra i settori che contribuiscono positivamente alla variazione tendenziale dell’export nel mese di marzo 2019, si segnalano articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+17,2%), articoli in pelle, escluso abbigliamento, e simili (+9,2%) e metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+4,0%). Flettono su base annua i mezzi di trasporto, autoveicoli esclusi (-15,4%), i prodotti petroliferi raffinati (-13,6%), i macchinari e apparecchi n.c.a. (-1,7%) e gli autoveicoli (-5,4%).

Su base annua, i paesi che contribuiscono maggiormente all’incremento delle esportazioni sono Regno Unito (+23,0%), Svizzera (+17,3%) e Francia (+3,1) mentre flette l’export verso Stati Uniti (-11,1%), Turchia (-15,0%) e, in misura più contenuta, Germania (-2,5%).

Nel primo trimestre del 2019, l’aumento su base annua dell’export (+2,0%) è determinato principalmente dalle vendite di prodotti tessili e dell’abbigliamento, pelli e accessori (+6,1%), metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+4,3%), prodotti alimentari, bevande e tabacco (+6,3%) e articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+15,3%).

Si stima che il surplus commerciale aumenti di 100 milioni di euro (da +4.525 milioni a marzo 2018 a +4.625 milioni a marzo 2019). Nel primo trimestre dell’anno l’avanzo commerciale raggiunge +8.189 milioni (+18.327 milioni al netto dei prodotti energetici).

Nel mese di marzo 2019 si stima che l’indice dei prezzi all’importazione aumenti dello 0,6% in termini congiunturali e dell’1,3% rispetto all’anno precedente.

Comunicato Istat


I nostri grafici con i dati forniti dall'Istat















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sabato 16 febbraio 2019

Export ortofrutta al minimo del decennio a -12%, -7% in Germania



Le esportazioni di ortofrutta Made in Italy sono crollate del 12% nel 2018 su valori minimi dell’ultimo decennio sotto i 4 miliardi di chili. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in vista del Fruit Logistica di Berlino la principale fiera internazionale di settore in Europa alla quale partecipa il 6 e 7 febbraio il Presidente Ettore Prandini. Un motivo di forte preoccupazione degli operatori diretti in Germania dove si consuma circa 1/3 dell’ortofrutta Made in Italy esportata e si registra – sottolinea la Coldiretti – un preoccupante calo del 7% delle spedizioni dovuto sia a problemi contingenti che strutturali.  

Tra la frutta più esportata nel mondo il dato peggiore è quello delle mele che crollano in quantità del 41% nel 2018 rispetto all’anno precedente ma va male anche ai kiwi che perde il 16% mentre l’uva limita i danni a un -3%. Pessimo il risultato delle pesche – continua Coldiretti – che incassano un decremento del 30% netto. Tra gli agrumi, profondo rosso pure per le clementine, con le quantità esportate in diminuzione del 33%, mentre i limoni tengono con un -3%.

In difficoltà – prosegue la Coldiretti – anche gli ortaggi, dove il maggiore crollo si registra per le patate, con le vendite diminuite del 35% in quantità nel 2018. Male anche le cipolle che perdono il 17% all’estero. Calo del 3% pure per i ravanelli

Una situazione profondamente diversa di quella che si verifica a livello nazionale dove il 2018 ha fatto segnare il record dei consumi di frutta e verdura degli ultimi venti anni, con quasi 9 miliardi di chili nel carrello, in aumento del 3% rispetto all’anno precedente. Mai così tanta frutta e verdura sono state consumate in Italia dall’inizio del secolo per effetto soprattutto di una decisa svolta salutistica che ha contagiato i giovani che – sottolinea la Coldiretti – fanno sempre più attenzione al benessere a tavola con smoothies, frullati e centrifugati consumati al bar o anche a casa grazie alle nuove tecnologie

Un cambiamento che l’Italia purtroppo non è riuscita ad agganciare all’estero dove – continua la Coldiretti – sconta un ritardo organizzativo, infrastrutturale e diplomatico. Un freno alla crescita e alla possibilità di penetrare nelle nuove economie emergenti, soprattutto dell’oriente, che lascia l’Italia cosi fortemente dipendente, per alcune produzioni in modo esclusivo, dalla vecchia e stagnante Europa. Alle problematiche legate alla logistica, alle barriere fitosanitarie e alla burocrazia si aggiungono le scelte di politica generale che hanno spesso usato il settore agricolo come merce di scambio come nel caso dell’embargo della Russia deciso come ritorsione alle sanzioni Europee.

A pesare su un patrimonio ortofrutticolo nazionale di 1 milione di ettari che vale oltre il 25% della produzione lorda vendibile agricola italiana – continua la Coldiretti – è anche la concorrenza sleale sui mercati dell’Unione Europea dei prodotti provenienti da paesi extracomunitari che sono spesso il risultato dello sfruttamento del lavoro, anche minorile, o, dell’utilizzo improprio di prodotti chimici, in alcuni casi sono vietati da decenni in Europa, che mettono in pericolo per l’ambiente e la salute.

Lo dimostra il recente pronunciamento della Corte dei Conti Europea sulle sostanze chimiche negli alimenti si sottolinea il mancato rispetto nei cibi di provenienza extraUe degli stessi standard di sicurezza Ue sui residui di pesticidi e si chiede alla Commissione Europea di spiegare “quali misure intende adottare per mantenere lo stesso livello di garanzia sia per gli alimenti prodotti nella Ue che per quelli importati”.

Infatti il numero di prodotti agroalimentari extracomunitari con residui chimici irregolari è stato pari al 4,7% per quelli provenienti da paesi extracomunitari rispetto alla media Ue dell’1,2% e ad appena lo 0,4% dell’Italia secondo le elaborazioni Coldiretti sulle analisi relative alla presenza di pesticidi rilevati sugli alimenti venduti in Europa effettuata dall’ Efsa. In altre parole i prodotti extracomunitari sono 4 volte più pericolosi di quelli comunitari e 12 volte di quelli Made in Italy. Sotto accusa sono spesso le importazioni incontrollate dall’estero favorite dagli accordi commerciali agevolati stipulati dall’Unione Europea come il caso delle condizioni favorevoli che sono state concesse al Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli e zucchine o all’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi. Accordi – continua la Coldiretti – fortemente contestati perché nei paesi di origine è spesso permesso l’uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono vietati in Europa, ma anche perché le coltivazioni sono realizzate in condizioni di dumping sociale per il basso costo della manodopera. 

“E’ necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute.” afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini che incontrerà i produttori italiani presenti alla manifestazione a Berlino nel sottolineare pero’ la necessità di “superare l’attuale frammentazione e dispersione delle risorse per la promozione del vero Made in Italy all’estero puntando a un’Agenzia unica che accompagni le imprese in giro nel mondo sul modello della Sopexa e ad investire sulle Ambasciate, introducendo nella valutazione principi legati al numero dei contratti commerciali. A livello nazionale – conclude Prandini – serve un task-force che permetta di rimuovere con maggiore velocità le barriere non tariffarie che troppo spesso bloccano le nostre esportazioni ma anche trasporti efficienti sulla linea ferroviaria e snodi aeroportuali per le merci che ci permettano di portare i nostri prodotti rapidamente da nord a sud del Paese e poi in ogni angolo d’Europa e del mondo”.

Fonte Coldiretti 



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sabato 12 gennaio 2019

Made in Italy, record di 42 mld sulle tavole mondiali nel 2018


Mai cosi tanto cibo e vino italiano sono stati consumati sulle tavole mondiali con il record storico per le esportazioni agroalimentari Made in Italy che nel 2018 hanno raggiunto per la prima volta il valore di 42 miliardi di euro grazie all’aumento del 3%. E’ la Coldiretti a tracciare il bilancio dell’anno appena concluso, sulla base delle proiezioni su dati Istat. Si tratta di un ottimo risultato che – sottolinea la Coldiretti – conferma le potenzialità del Made in Italy a tavola per la ripresa economica ed occupazionale del Paese. Quasi i due terzi delle esportazioni agroalimentari – precisa la Coldiretti – interessano i Paesi dell’Unione Europea dove il principale partner è la Germania mentre fuori dai confini comunitari sono gli Stati Uniti il mercato di riferimento dell’italian food.

A spingere la crescita – sottolinea la Coldiretti – sono i prodotti base della dieta mediterranea a partire dal vino che è il prodotto italiano piu’ esportato e fa segnare un aumento del 3% in valore ma la vera star è la categoria degli spumanti che balzano del 13% e raggiungono un valore delle vendite all’estero superiore a 1,5 miliardi durante l’anno. A seguire – continua la Coldiretti -l’ortofrutta fresca che in valore fa segnare pero’ una leggera frenata del 4%, mentre buone performance vedono protagonisti i salumi, i formaggi con un incremento del 3% in valore e la pasta che aumenta del 2%.

Si tratta di un risultato ottenuto grazie ai primati qualitativi e di sicurezza conquistati dell’agroalimentare nazionale che secondo la Coldiretti chiude il 2018 con un bilancio di 5056 prodotti tradizionali censiti dalle Regioni, 294 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, la leadership europea nel biologico con oltre 60mila aziende agricole bio, 40mila aziende agricole impegnate nel custodire semi o piante a rischio di estinzione, la piu’ vasta rete mondiale di mercati degli agricoltori sotto l’unica insegna con Campagna Amica e il primato della sicurezza alimentare mondiale con il maggior numero di prodotti agroalimentari con residui chimici regolari (99,4%).

Sul successo del Made in Italy agroalimentare all’estero – continua la Coldiretti – pesano in futuro i cambiamenti in atto nella politica internazionale che potrebbero tradursi in misure neoprotezionistiche che riguardano i principali mercati di sbocco. Sul rapporto con la Gran Bretagna c’è l’incognita della Brexit ma a rischio sono anche le altalenanti relazioni commerciali con gli Stati Uniti di Donald Trump mentre il settore continua a subire gli effetti negativi dell’embargo in Russia con il divieto all’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia con decreto n. 778 del 7 agosto 2014, appena rinnovato sino alla fine del 2019.

“L’andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare con una più efficace tutela nei confronti della “agropirateriainternazionale che fattura oltre 100 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “a preoccupare è la nuova stagione di accordi bilaterali inaugurata dall’Unione Europea che, dal Ceta con il Canada al Giappone, sta di fatto legittimando il falso Made in Italy”.  “Occorre superare peraltro l’attuale frammentazione e dispersione delle risorse per la promozione del vero Made in Italy all’estero puntando a un’Agenzia unica che accompagni le imprese in giro nel mondo sul modello della Sopexa ed investire – ha continuato Prandini – sulle Ambasciate, introducendo nella valutazione principi legati al numero dei contratti commerciali. Mentre a livello nazionale – ha concluso Prandini – servono trasporti efficienti sulla linea ferroviaria e snodi aeroportuali per le merci che ci permetta di portare i nostri prodotti rapidamente da nord a sud del Paese e poi in ogni angolo d’Europa e del mondo.

Fonte Coldiretti 






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mercoledì 30 maggio 2018

Russia, giù l’export Made in Italy nel 2018

Le esportazioni Made in Italy sono calate dell’1,2% nel 2018 in Russia dove è in vigore l’embargo totale per una importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto all’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi ma anche pesce, provenienti da UE, Usa, Canada, Norvegia ed Australia con decreto n. 778 del 7 agosto 2014, più volte rinnovato. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al primo quadrimestre dell’anno in riferimento alle dichiarazioni del presidente Vladimir Putin sui rapporti tra Italia e Russia.

Le esportazioni italiane sono scese ad un valore di poco inferiore agli 8 miliardi di euro nel 2017, circa 3 miliardi in meno del 2013, l’anno precedente all’introduzione delle sanzioni che decise dall’Occidente per la guerra in Ucraina nei confronti della Russia che ha fatto scattare l’embargo.

Un blocco dannoso per l’Italia anche perché al divieto di accesso a questi prodotti – precisa la Coldiretti – si sono aggiunte le tensioni commerciali che hanno ostacolato di fatto le esportazioni anche per i prodotti non colpiti direttamente, dalla moda alle automobili fino all’arredamento.

Alle perdite dirette subite dalle mancate esportazioni italiane in Russia – continua la Coldiretti – si sommano poi quelle indirette dovute al danno di immagine e di mercato provocato dalla diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy. La ripresa del dialogo è importante – conclude la Coldiretti – per sostenere la crescita del Made in Italy all’estero in un momento difficile per il commercio internazionale.


Fonte Coldiretti 




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