Veicoli elettrici - mobilità - tecnologie - ambiente - energia rinnovabile. L'esaurimento delle risorse e le conseguenti ripercussioni politiche ed economiche rendono necessario ridurre la dipendenza dall'importazione di prodotti petroliferi e spingere quindi verso lo sviluppo di fonti energetiche alternative. I veicoli elettrici possono utilizzare tecnologie e risorse nel modo più efficiente.


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domenica 20 aprile 2014

Come sopravvivere dopo l'Armageddon inevitabile


L'apocalisse è arrivata e il mondo come lo conosciamo è giunto al termine. Cosa fare dopo?

Supponendo che tu sei uno di una manciata di sopravvissuti, hai quello che serve per un paio di inverni e forse anche seminare i semi per la rinascita dell'umanità? .

How to survive after the inevitable Armageddon - Autore Lewis Dartnell, trentaduenne astrobiologo britannico (recensione QUI)

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lunedì 21 novembre 2011

La Terra Svuotata

Dal sito web Nuove Tecnologie Energetiche
La Terra Svuotata
di Ugo bardi

Esce in questi giorni il mio nuovo libro “La Terra Svuotata“. Un bel po' di sangue, sudore e lacrime che il libro mi è costato in questa torrida estate. Ora, per fortuna, è finito

Come vi potete immaginare dal titolo, è una storia delle miniere e dei minatori che parte dalle prime miniere di selce di oltre 10.000 anni fa e arriva alla situazione attuale dove la corsa all'estrazione sta svuotando la terra dei tesori minerali che si erano accumulati nel corso di miliardi di anni di attività geologica. Il libro riprende ed espande anche alcuni dei temi del mio primo libro, “La Fine del Petrolio” del 2003. Si parla anche di energia rinnovabile, delle prospettive della sostenibilità in un mondo svuotato delle sue risorse minerali, dell'immancabile “Limiti dello Sviluppo”. Insomma, è un po' un compendio dell’ “UgoBardiPensiero”.

Per questo libro, devo ringraziare moltissime persone per il loro contributo. In particolare, il titolo mi era costato lunghe elucubrazioni che non mi avevano portato a niente, finché Toufic El Asmar non è venuto fuori con il suggerimento giusto. Ringrazio anche Luca Mercalli per la prefazione come pure tutti i membri di ASPO-Italia.

Di seguito qui, la descrizione sul sito di Editori Riuniti.

[...] Le preoccupazioni sull'esaurimento del petrolio sono all'ordine del giorno, ma sono solo una parte di un problema molto più grande. Quando si esauriranno i minerali? Partendo da questa domanda, Ugo Bardi costruisce un racconto di tutta la storia dell'attività mineraria umana, dall'età della pietra fino al petrolio ai nostri giorni. Abbiamo ancora tante cose da scavare e tanto petrolio da estrarre ma, in tempi non lunghissimi, ci troveremo di fronte al limite della capacità umana di sfruttare il nostro pianeta per le sue risorse minerali. Sarà la “fine del popolo dei minatori” che ci porterà a percorrere strade nuove e sconosciute per tenere in piedi la nostra civiltà. [...]

[...] I cambiamenti causati dall'attività estrattiva umana sono qualcosa che non si era mai verificata con la rapidità attuale in centinaia di milioni di anni di storia planetaria. Questi cambiamenti stanno trasformando la Terra in un pianeta completamente diverso. Non è detto che questo nuovo pianeta che noi stessi stiamo creando non si riveli ostile alla vita umana. Che ci piaccia o no, l'ambiente non è un giocattolo per gli ambientalisti. L'ambiente è quella cosa che ci fa vivere. E noi stiamo giocando con questa cosa che ci fa vivere come se non avesse nessuna importanza. In questo libro troverete una descrizione della situazione petrolifera e di tutte le risorse naturali, minerali e rinnovabili. Ci troverete le ragioni che ci spingono a dipendere così totalmente da risorse insostituibili e non rinnovabili. Ci troverete come la nostra fissazione con il petrolio ci stia conducendo a uno scontro con l’ecosistema causato dall’esaurimento e dall’inquinamento; uno scontro che non possiamo vincere, comunque vada. E, infine, ci troverete qualche nota sul futuro che forse vi potrà essere utile. Come si sa, il futuro non si può prevedere, ma riguardo al futuro si può essere preparati. [...]

(Dall'introduzione dell'autore)

Ugo Bardi, è docente dal 1990 presso il Dipartimento di Chimica dell'Università di Firenze. La sua carriera precedente include periodi di studio e insegnamento presso le università di New York, Marsiglia, Berkeley e Tokyo. Attualmente si occupa di nuove tecnologie energetiche e di politica dell'energia È membro dell'associazione ASPO, un gruppo di scienziati indipendenti che studiano le riserve di petrolio mondiali e il loro esaurimento. Ha pubblicato: La fine del petrolio, Editori Riuniti, 2003; Il libro della Chimera, Edizioni Polistampa Firenze, 2008; con Giovanni Pancani, Storia petrolifera del bel paese, Edizioni Le Balze, 2006; The Limits to Growth Revisited, Springer Briefs in Energy, 2011.

INDICE

9 Prefazione di Luca Mercalli

11 Introduzione

Parte prima. Minerali

19 Il popolo dei minatori
59 Il regalo di Gaia: l’origine dei minerali
83 La macchina mineraria universale: energia ed estrazione

Parte seconda. Energia

113 L’ankus del re: la storia dei combustibili fossili
143 Il genio dell’energia: uranio e l’ultima speranza per la crescita
173 L’oca nella bottiglia: le energie rinnovabili

Parte terza. Sostenibilità

217 Balene e barili: come si esauriscono le risorse
242 L’isola degli angeli: modelli del mondo
267 Il cuculo che non voleva cantare; oltre il collasso

287 Conclusione

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sabato 2 ottobre 2010

Se niente importa: perchè magiamo gli animali?

Pubblichiamo volentieri un commento del nostro Silvano Rubor scaturito a seguito della lettura di un libro sugli orrori quotidiani dell'allevamento intensivo e il conseguente appello dell'autore Jonathan Safran Foer per un più etico vegetarianismo.


E' un articolo che fa riflettere.

E da soppesare sul nostro modo di vivere.

Ho appena concluso la lettura di un libro.

Il libro è stato scritto da Foer Jonathan
Il titolo è " Se niente importa: perchè magiamo gli animali?"
Casa editrice : Guanda.

Da quanto appreso è che se vogliamo preservare l'ambiente in cui viviamo, dobbiamo orientarci verso una alimentazione sempre più vegetariana.

Posso schematizzare le due tipologie, basandomi sulla catena alimentare.

a) Regime alimentare carnivoro :

Dalla Fonte Primaria (Vegetale) si passa alla Fonte Secondaria (Animale), per giungere
alla Alimentazione Umana

Passando dalla fonte primaria all'alimentazione umana, a parità di proteine vegetali alla fonte, si ha un rendimento di trasformazione pari a circa il 40 %.

Si perdono lungo la trasformazione circa il 60 % del potenziale raccolto in forma vegetale.

b) Regime alimentare vegetale

Dalla Fonte Primaria (Vegetale) direttamente all'Alimentazione Umana.

Si vede benissimo che si tratta di un filiera più corta.

Se vogliamo, paragonando i rendimenti, è la differenza che esiste tra guidare una auto ad idrogeno ed una elettrica.

In fatto di impatto ambientale un regime alimentare vegetariano è più tollerato per uno sviluppo sostenibile.

Avete mai visto un allevamento ?

Un allevamento di maiali ha un impatto ambientale pesantissimo.

Basti pensare ai liquami prodotti dalle deiezioni che contribuiscono notevolmente all'inquinamento da nitrati delle falde acquifere.

Ma non solo.

I bravi nitrati sono i responsabili dello sbriciolamento del nostro patrimonio architettonico.

Infatti i nitrati penetrano nelle masse murarie risalendo per parecchi metri reagendo con il carbonato di calcio delle malte con cui vengono uniti i mattoni, con le pietre, producendo il nitrato di calcio.

Essendo il nitrato di calcio fortemente espansivo, si produce il fenomeno del distacco di parti di dimensioni anche notevoli dell'opera architettonica interessata.

Quindi mangiando meno bistecche risparmieremo sulle spese di manutenzione del Duomo di Firenze.

Volete un'altra motivazione per diventare vegetariani ?

Visitate un allevamento : guardate come vivono gli animali.

Visitate un mattatoio : guardate come muoiono gli animali.

Prima di metterci al volante di una auto elettrica, dovremmo diventare tutti vegetariani.

Non dall'oggi al domani.
Con gradualità.

I prodotti per sostituire la carne a parità di potere nutrizionale ci sono.

Sono graditissime osservazioni e critiche.

Alcuni post precedenti a cura dell'Ing. Silvano Robur:

- Mitsubishi i-MiEV. Dettagli tecnici e prove su strada

- Economia ed efficienza energetica

- La propulsione elettrica nei sommergibili - 2/2

- La propulsione elettrica nei sommergibili - 1/2

- Retrofit: il ricorso alla UE

- Vacanza in Val Venosta

- La Casa Elettrica

- Il risparmio energetico nell’edilizia

- Geotermia ed Ambiente

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sabato 21 marzo 2009

Un mondo finito

Il problema della produzione di alimenti, quello del consumo di materie prime, quello della crescita dell'inquinamento e della sua neutralizzazione, comportano una serie di scelte molto difficili e impegnative: dovrebbe però essere ormai chiaro che tutte queste difficoltà scaturiscono da una sola, semplice circostanza: la Terra ha dimensioni finite. Quanto più una qualsiasi attività umana si approssima ai limiti naturali, oltre i quali la Terra non è più in grado dì sostenerla, tanto più manifeste e gravi si fanno tali difficoltà.
Se c'è abbondanza di terre vergini coltivabili, si può avere una popolazione più numerosa e insieme più alimenti per ogni abitante; ma quando tutta la Terra sia ormai sottoposta a sfruttamento, occorre scegliere tra le due alternative, delle quali l'una esclude l'altra.
In generale, sì può dire che la società moderna non ha ancora imparato a riconoscere la necessità di simili scelte. A quanto sembra, il sistema mondiale attualmente tende a far crescere tanto il numero dì abitanti quanto la disponibilità di cibo, di beni materiali, di aria e acqua pulita per ciascuno di essi; ma, per quanto abbiamo osservato, questa tendenza alla fine porterà a raggiungere uno dei molti limiti naturali della Terra.
Non è possibile anticipare esattamente quale limite verrà raggiunto per primo, e con quali conseguenze, giacché l'umanità potrebbe reagire in molte diverse maniere a una situazione del genere. È possibile, invece, studiare quali condizioni o quali modificazioni del sistema mondiale potrebbero portare la società a scontrarsi con i limiti che pongono un termine alle possibilità di sviluppo in un mondo finito, o a trovare un accomodamento all'interno di essi.

estratto da
I Limiti Dello Sviluppo
Donella H. Meadows Dennìs L. Meadows J0rgen Randers William W. Behrens III
rapporto del System Dynamics Group Massachusetts Institute of Technology (MIT) per il progetto del Club di Roma sui dilemmi dell'umanità prefazione di Aurelio Peccei
EDIZIONI SCIENTIFICHE E TECNICHE MONDADORI 1972

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giovedì 12 marzo 2009

Una nuova via per l'evoluzione culturale

La scienza e la tecnologia ci hanno portato sia l'incubo dell'incenerimento termonucleare, sia la ricchezza e la prosperità; l'aumento della popolazione e lo sviluppo delle città hanno portato nuovi e degradanti tipi di povertà e l'imprigionamento in uno squallido urbanesimo, spesso culturalmente sterile, rumoroso e degradante; l'elettricità e la forza motrice hanno diminuito la fatica del lavoro manuale, ma lo hanno spogliato della soddisfazione che dava; l'automobile da libertà di movimenti, ma è diventata un feticcio e avvelena le città. Le conseguenze indesiderabili della tecnologia sono tutte troppo ovvie e costituiscono una minaccia che può divenire irreversibile per il nostro ambiente naturale; gli individui sono sempre più alienati dalla società e rifiutano l'autorità; le droghe, i crimini e la delinquenza sono in costante aumento, la fede diminuisce, non solo in quel senso religioso che ha sostenuto l'uomo per secoli, ma anche nella classe politica e nell'efficacia delle riforme sociali. Tutte queste difficoltà sembrano aumentare di giorno in giorno... In questo periodo di rapidi cambiamenti, siamo arrivati ad accorgerci che l'uomo è una creatura che capisce le sue origini, anche se indistintamente, e che ha qualche potere sul suo futuro, ma che manca di ogni concreto senso d'orientamento; la tecnologia ne ha aumentato ed esteso enormemente il potere materiale, ma sembra averne poco o nulla influenzato il modo di ragionare e il discernimento. L'evoluzione biologica, che impiega millenni per dar vita a nuove specie attraverso le mutazioni, non può più essere applicata alla situazione attuale dell'uomo, giunto a un punto in cui deve costruirsi una nuova via per l'evoluzione culturale.

estratto dalla Premessa

I Limiti Dello Sviluppo
Donella H. Meadows Dennìs L. Meadows J0rgen Randers William W. Behrens III
rapporto del System Dynamics Group Massachusetts Institute of Technology (MIT) per il progetto del Club di Roma sui dilemmi dell'umanità
prefazione di Aurelio Peccei
EDIZIONI SCIENTIFICHE E TECNICHE MONDADORI 1972

domenica 15 febbraio 2009

A qualcuno piace caldo. Errori e leggende sul clima che cambia

Nel settore dell’informazione sui cambiamenti climatici si assiste da qualche tempo a una pericolosa biforcazione. Da un lato, la quasi totalità degli scienziati è concorde nell’indicare nelle attività umane il principale responsabile dell’aumento di CO2 nell’atmosfera con la conseguente crescita delle temperature globali, a cui diventa sempre più urgente fare fronte con politiche e strategie mirate; dall’altro, sui media trovano spazio argomentazioni che di scientifico spesso hanno poco e che negano qualunque valore all’imponente mole di evidenze che si va via via accumulando. Non passa infatti giorno senza che qualcuno affermi che il riscaldamento globale non esiste, o che se anche ci fosse non sarebbe poi così male, oppure che è causato dal Sole, dai vulcani e persino dai moscerini... e il risultato è un’inerzia troppo spesso sospetta.

Per riportare il dibattito entro i limiti della discussione scientificamente corretta, Caserini prende in esame le posizioni dei “negazionisti” e ne evidenzia, con ironia e senza mai indulgere in tecnicismi, le incoerenze, le manipolazioni e, in parecchi casi, i condizionamenti esercitati da lobby e gruppi di pressione: una lettura indispensabile per fare chiarezza in un campo che tocca molto da vicino la vita di ciascuno di noi.

Stefano Caserini, docente di Fenomeni di Inquinamento al Politecnico di Milano, svolge da anni attività di ricerca nel settore dell’inquinamento dell’aria e dei cambiamenti climatici. È consulente di enti pubblici e privati per la redazione degli inventari delle emissioni in atmosfera e per l’impostazione delle politiche di riduzione. Ha collaborato alla revisione del Quarto Rapporto IPCC, Terzo Gruppo di Lavoro, ed è autore di circa 60 pubblicazioni scientifiche nel settore dell’inquinamento dell’aria e della gestione dei rifiuti.

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venerdì 23 gennaio 2009

Illusione Nucleare. I rischi e i falsi miti

La crisi economica e l'incertezza delle relazioni internazionali spingono nuovamente i Paesi industrializzati verso l'energia nucleare, ridando voce anche in Italia ai fautori della sua convenienza e inevitabilità. Questo libro sfata con rigore scientifico alcuni luoghi comuni: che l'energia atomica sia abbondante e sicura, che costi meno, che non provochi emissioni di CO2. Le argomentazioni dei due autori sono stringenti: già ai ritmi di consumo attuali, si stima che entro 50 anni non ci sarà più uranio economicamente sfruttabile; i costi di costruzione dei reattori e del loro mantenimento sono già oggi fuori mercato; infine, il nucleare inquina, contamina irrimediabilmente interi territori, con il rischio di accentuare le criticità del cambiamento climatico in atto. Completa questo inquietante scenario l'idea, promossa dal G8, di una governance mondiale dell'energia. Una governance capace di tenere l'opinione pubblica all'oscuro delle centinaia di incidenti occorsi finora e abile nel convincere i Paesi emergenti a legarsi per i decenni a venire alle tecnologie nucleari dell'Occidente. I diritti di questo libro saranno devoluti ai bambini vittime dell'incidente alla centrale nucleare di Cernobyl del 1986.

Gli autori


Sergio Zabot, ingegnere, è autore di numerose pubblicazioni scientifiche. Ha partecipato a diverse ricerche e progetti intemazionali nel campo dell'uso razionale dell'energia e delle fonti rinnovabili. Già dirigente della Regione Lombardia, attualmente dirige il Settore Energia della Provincia di Milano, dove coordina il Piano di azione provinciale per l'efficienza energetica.

Carlo Monguzzi, laureato in Ingegneria chimica al Politecnico di Milano, è docente di matematica. Autore dei primo saggio sulle piogge acide in Italia, è stato presidente regionale di Legambiente e fondatore dell'associazione Mondo gatto. Ama la pittura fiamminga e la musica classica.
Già assessore all'Ambiente in Regione Lombardia, attualmente è consigliere e membro della Commissione ambiente ed energia della Regione Lombardia.


Illusione Nucleare
di Sergio Zabot e Carlo Monguzzi
Ed. Melampo
156 pagg, 12 euro

La copertina del libro

giovedì 4 dicembre 2008

I Dilemmi dell'Umanità

I LIMITI DELLO SVILUPPO

Donella H. Meadows Dennìs L. Meadows J0rgen Randers William W. Behrens III

rapporto del System Dynamics Group Massachusetts Institute of Technology (MIT) per il progetto del Club di Roma sui dilemmi dell'umanità
prefazione di Aurelio Peccei
EDIZIONI SCIENTIFICHE E TECNICHE MONDADORI

Il rapporto fatto dal Massachusetts Institute of Technology per conto del Club di Roma, che viene presentato in questo libro dopo essere stato anticipato nell'annuario Scienza e Tecnica 72, fu portato a conoscenza del pubblico per la prima volta nel marzo scorso durante una conferenza alla Smithsonian Institution di Washington a cui parteciparono circa duecento scienziati, umanisti, uomini politici e giornalisti.

La sua diffusione è stata poi rapidissima, come testimoniano le ripetute edizioni in lingua inglese negli Stati Uniti e Inghilterra, seguite da quella olandese, della quale sono state già vendute quasi duecento-mila copie, e da quelle tedesca, francese e giapponese. Traduzioni in altre dieci lingue sono in corso di approntamento. Quindicimila esemplari del rapporto sono stati o verranno inviati in ogni parte del mondo a uomini di cultura e di azione che occupano posizioni chiave nei governi, nelle amministrazioni pubbliche, negli organismi internazionali, nell'industria, nei sindacati, nelle università, nei gruppi giovanili, nelle comunità scientifiche e intellettuali, nelle organizzazioni religiose, negli strumenti di comunicazione di massa, e le cui opinioni e decisioni hanno quindi importanza rilevante nella condotta degli affari umani.

Gli scopi essenziali di questa iniziativa verranno quindi probabilmente raggiunti. Si trattava di accendere per mezzo di questo rapporto un grande dibattito sui Dilemmi dell'Umanità, e di catalizzare in energie innovatrici la diffusa sensazione che, coll'avvento dell'era tecno-logica, qualcosa di fondamentale deve essere modificato nelle nostre istituzioni e nei nostri comportamenti. In effetti, un vero e proprio movimento transnazionale si sta creando in questo senso. Migliaia di commenti, di critiche, di adesioni e di suggerimenti sono apparsi su giornali, riviste e pubblicazioni di ogni genere, o sono stati trasmessi dalla radio e dalla TV in un arco sempre più vasto di paesi; centinaia di conferenze sono state indette su questi argomenti; decine d'indagini e di .studi sono stati intrapresi per approfondire, validare o correggere la ricerca originale del MIT. Da questo confuso travaglio emerge una |una precisa presa di coscienza che urgono visioni e approcci radical-mente nuovi per affrontare la problematica intricata, sconcertante e senza precedenti che attanaglia l'intera società umana, senza grandi distinzioni per il grado di sviluppo o per l'ordinamento politico dei suoi vari componenti.

Mi auguro che la pubblicazione del libro in italiano contribuirà ad ampliare in senso temporale e in senso spaziale l'orizzonte dei nostri interessi, spostandoli dalle questioni immediate o locali — a cui troveremo pur sempre rimedio, per quanto difficili esse siano — per considerare anche quelle ben più complesse e importanti che concernono l'organizzazione della vita di quattro o cinque o sei o sette miliardi di abitanti sul nostro pianeta in condizioni ragionevoli di benessere, di giustizia e di equilibrio con la Natura.

La pubblicazione di questo libro coincide con un periodo di grandi manovre e di grandi incontri politici. Spesseggiano le riunioni che i capi delle nazioni maggiori hanno fra di loro o con i loro alleati e associati, a Washington, a Mosca, a Pechino, in Medio Oriente, a Tokyo e in Europa. Ma anche agli esperti più acuti non è dato di comprendere tra le circonlocuzioni diplomatiche e i peana propagandistici che cosa effettivamente vogliono i potenti della terra, al di là della difesa — a volte meschina e ottusa — di loro interessi immediati, o quanta parte di questa giostra internazionale ha scopi politici o addirittura partitici puramente interni, e quale significato o valore nel tempo possa avere questa sequela di contatti ad alto livello.

Anche la trama indispensabile ancorché debole che tessono gli organismi internazionali si sta infittendo. La Terza Conferenza delle Nazioni Unite sugli Scambi e lo Sviluppo, l'UNCTAD III, testé terminata a Santiago, ha sostanzialmente confermato che i paesi ricchi restano arroccati nelle loro cittadelle dell'affluenza ben decisi a difendere l'ordine mondiale attuale. Ma se tale ordine non cambierà, le prospettive degli altri paesi, più o meno poveri, e uniti solo nel firmare documenti patetici o velleitari, rimarranno oscure, e con esse l'avvenire del mondo, poiché tre quarti dell'umanità continueranno a restare emarginati. Vi è poi la Conferenza di Stoccolma sull'Uomo e il suo Ambiente, già turbata prima dell'inizio da fratture ideologiche, e a cui ricchi o poveri accorrono preoccupati soprattutto di conservare sovrani diritti in casa propria e di partecipare allo sfruttamento delle risorse 'libere' del mondo pagando un prezzo possibilmente inferiore a quello degli altri. Nel 1974 vi sarà un'altra conferenza, quella mondiale sulla popolazione, dove il più esplosivo fenomeno dei nostri tempi verrà misurato e analizzato probabilmente soprattutto come fattore di potere o elemento di negoziato fra vari gruppi di paesi.

Nel frattempo si preparano le grandi trattative del 1973 per riassesta-re i rapporti monetari, commerciali e finanziari tra le nazioni sviluppate a economia di mercato, che vedranno protagonisti gli Stati Uniti, la Comunità Europea allargata e il Giappone. Questi problemi vennero accantonati per dare tempo che si facciano le elezioni americane e il vertice europeo, ma sono così delicati, difficili e intrecciati da far temere che, nonostante il rinvio, i tre grandi interlocutori, pressati da considerazioni interne, finiranno per trattarli con spirito mercantilistico, non con la chiara visione politica che da quanto essi decideranno dipenderà il corso degli eventi su pressoché tutti gli scacchieri mondiali, almeno per parecchi anni.

Da tutto ciò sorgono domande angosciate. Che cosa succede effettivamente in questo mondo piccolo, sempre più dominato da interdipendenze che ne fanno un sistema globale integrato dove l'uomo, la società, la tecnologia e la Natura si condizionano reciprocamente mediante rapporti sempre più vincolanti? Riusciremo ad assorbire in tempo questi concetti di fondo? Che cosa stiamo preparando in questo decisivo decennio degli anni '70? Che relazione ha questo grande spiegamento di attività politiche internazionali con il perdurare di conflitti armati locali — finché resteranno tali in un'epoca di armi di sterminio di massa —, con i fermenti di sofferenza e d'insofferenza di una società in grave travaglio, con gli scoppi di violenza civile che costellano la cronaca di ogni popolo, con le manifestazioni indubbie di crisi economiche, psicologiche, morali, sociali, ecologiche a carattere endemico in grandi zone del nostro globo?

Alcuni sviluppi favorevoli si possono notare: dall'avvio alla riunificazione e dal rilancio dell'Europa all'accettazione dell'Ostpolitik, dal rientro della Cina nel sistema internazionale alla fine prossima della tragedia vietnamita (che però peserà a lungo sulla coscienza di ogni uomo civile), dalla firma di alcuni accordi marginali sul controllo degli armamenti nucleari e dalla prevista conferenza sulla sicurezza europea alla mentalità globalistica — non solo internazionale — che comincia timidamente ad affacciarsi in taluni organismi multinazionali. Sarebbe ingiusto e controproducente minimizzare questi sintomi, e ancor più scoraggiarne la manifestazione.

Però non dobbiamo illuderci. Senza una forte ventata di opinione pubblica mondiale, alimentata a sua volta dai segmenti più creativi della società — i giovani e l''intellighenzia' artistica, intellettuale, scientifica, manageriale — la classe politica continuerà in ogni paese a restare in ritardo sui tempi, prigioniera del corto termine e d'interessi settoriali o locali, e le istituzioni politiche, già attualmente sclerotiche, inadeguate e ciononpertanto tendenti a perpetuarsi, fini-ranno per soccombere. Ciò renderà inevitabile il momento rivoluzionario come unica soluzione per la trasformazione della società umana, affinché essa riprenda un assetto di equilibrio interno ed esterno atto ad assicurarne la sopravvivenza in base alle nuove realtà che gli uomini stessi hanno creato nel loro mondo.

Il dibattito aperto da questo rapporto, anche se utile a innescare questo movimento in forma razionale, ed evitare possibilmente il precipitare di una crisi senza sbocchi, non è che una fase di un processo che deve andare assai più in profondità. Il guasto infatti è profondo, alle radici medesime del nostro tipo di civiltà. Ricerche più avanzate, autocritiche genuine, meditazioni più penetranti saranno necessarie. Se avremo la forza morale per intraprenderle, non solo potremo sperare di correggere il corso degli eventi per evitare il peggio che già si profila per un non lontano futuro, ma potremo forse gettare le basi di una nuova grande avventura dell'uomo, la prima a dimensioni planetarie, quali le sue conoscenze e i suoi mezzi tecnico-scientifici oggidì non solo permettono, ma ormai impongono.

Roma, maggio 1972

AURELIO PECCEI

martedì 4 novembre 2008

Energia Per L’astronave Terra

Quanta ne usiamo, come la produciamo, che cosa ci riserva il futuro
Tutti utilizziamo energia in ogni istante della giornata, magari senza accorgercene, con un’abbondanza mai goduta da nessun’altra generazione nella storia umana. Ma che cos’è l’energia? I nostri consumi possono continuare ad aumentare all’infinito? Quali e quante riserve energetiche ospita ancora l’astronave Terra?
Questo libro fornisce le coordinate indispensabili per orientarsi nel labirinto delle fonti di energia − dal petrolio ai biocombustibili, dal solare al nucleare, dagli aspetti economici a quelli sociali − e cerca di delineare uno scenario energetico possibile per la nostra fragile e complessa civiltà.
Due supplementi speciali in coda al libro – Dodici miti da sfatare e Forse non sapevi che… – riassumono i temi-chiave per chi vuole affrontare in modo responsabile il problema energetico.

Intervista inusuale a Nicola Armaroli e Vincenzo Balzani



Ideata e realizzata da Andrea Listorti, Marco Malaspina e Stefano Parisini, con la collaborazione di Maurizio Minghetti, Margherita Bolognesi e Barbara Ventura.

leggi il primo capitolo del libro

Nicola Armaroli, ricercatore presso l’Istituto per la sintesi organica e la fotoreattività del CNR di Bologna, studia la conversione dell’energia luminosa, i nanomateriali luminescenti e il problema energetico nella sua complessità.

Vincenzo Balzani, Professore di chimica all’Università di Bologna, si occupa di fotochimica supramolecolare, nanotecnologia e fotosintesi artificiale. Nanospider e Sunny sono i nomi d’arte degli ultimi prototipi di macchine molecolari usciti dal suo laboratorio.

Fonte
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domenica 28 settembre 2008

Il ritorno al nucleare è un avvelenamento premeditato

Da alcuni anni è in corso una campagna di rilancio dei programmi nucleari per la produzione di energia. Angelo Baracca, docente di Fisica all’Università di Firenze e collaboratore dell’Università de L’Avana (Cuba), nel suo ultimo libro: “L’Italia torna al nucleare? I costi, i rischi, le bugie”, edito da Jaca Book, ci avverte dei pericoli di un simile ritorno al passato.

Professor Baracca, a quali conclusioni è giunto, attualmente, il dibattito per un eventale ritorno del nostro Paese all’energia nuclerare?
“Nel nostro Paese, il dibattito sul nucleare è stato chiuso ufficialmente dal referendum del 1987, ma alcune ‘lobbyes’ sono tornate a fare pressioni. Il recente annuncio del Governo di una prossima ripresa dei programmi nucleari non giunge del tutto inaspettatto, ma ha comunqe messo in subbuglio tutti gli ambienti interessati e un’opinione pubblica informata in modo assai parziale”.

Che tipo di energia è quella prodotta attraverso il nucleare?
“Quella nucleare ‘civile’ è un’energia che si ricava dalla trasformazione di alcuni ‘nuclei’ di uranio in ‘nuclei’ di plutonio. Si ottiene, così, una reazione altamente energetica che produce due elementi: l’energia effettivamente utilizzabile e le scorie radioattive, le quali costituiscono il problema principale, poiché non possiedono un proprio sito in grado di garantire uno smaltimento sicuro. Ricordiamo ad esempio quanto accaduto nel 2003, quando un’intera regione, la Basilicata, per protesta, si fermò al fine di impedire la realizzazione di un deposito geologico di scorie. Queste, infatti, sono estremamente pericolose per la salute dei cittadini, poiché possiedono tempi di ‘decadimento’ che vanno dai 200 fino ai 24 mila anni. Si tratta, insomma, di un problema che non è mai stato risolto, né in Italia, né tantomeno all’estero”.

Ma qualcuno ha affermato, di recente, che la questione sarebbe superabile tramite i futuri reattori di IV generazione…
“I reattori di IV generazione, che i sostenitori del nucleare ci ‘vendono’ come già pronti, in realtà non saranno utilizzabili sino al decennio 2030 – 2040. Inoltre, hanno costi esorbitanti, che l’Italia non è in grado di sostenere, anche perché comprendono una serie di spese militari a garanzia della sicurezza degli impianti stessi dagli attentati terroristici sommate a quelle destinate allo smantellamento della centrale nucleare quando essa giunge al termine della propria attività. Si tratta di un’impresa difficilmente sostenibile per qualunque industria privata. Di conseguenza, lo Stato si vedrebbe costretto ad intervenire a copertura dei costi, aumentando le tasse dei contribuenti. In breve, il basso costo dell’energia in ‘bolletta’ si vedrebbe ‘compensato’ da forti aggravi fiscali in termini di imposte. E’ pur vero che i reattori di IV generazione sarebbero persino capaci di produrre idrogeno e di dissalare le acque delle zone desertiche. Tuttavia, essi sono soprattutto destinati a sostituire quelli di II e III generazione, ritenuti inefficaci e pericolosi. Nel frattempo, nulla garantisce che avremo le risorse adatte sino a quella data. Consideriamo, ad esempio, l’uranio: l’85% dei giacimenti è in mano a sette compagnie e potrebbe presto esaurirsi. Dunque, non abbiamo tempi certi e, se si assume la decisione di ‘imbarcarci’ in un programma nucleare, per poter ammortizzare i costi non basterà certo la semplice messa in funzione di una o due centrali”.

Le aziende che producono componenti per l’energia nucleare per uso civile molto spesso sono le stesse che producono anche armamenti atomici per fini militari: ciò può comportare un rischio di ‘contaminazione’ tra i due settori?
“Certamente: i metodi di lavorazione si basano su un ciclo ‘tradizionale’ analogo sia per la pruduzione civile che per quella militare. Pertanto, allorquando un Paese decide di sviluppare un programma nucleare, potenzialmente può disporre anche la realizzazione di progetti militari non sempre controllabili dai trattati internazionali di non proliferazione. Dirò di più: più che un rischio di ‘contaminazione’, potremmo trovarci di fronte ad un vero e proprio ‘avvelenamento premeditato’. Attualmente, i due Paesi che hanno accumultato ingenti quantitativi di plutonio sono il Giappone e la Germania”.

A proposito del Trattato di non proliferazione nucleare, firmato nel 1968 ed entrato in vigore nel 1970: secondo lei è ancora un punto di riferimento, in termini di politica internazionale, oppure ha perso la propria valenza?
“Quel Trattato è in vigore ed è cogente, ovviamente. Ma in realtà è stato concepito come un ‘grande compromesso’: gli Stati che non avevano armi atomiche si impegnavano a non produrne in cambio dell’impegno, da parte delle potenze che si erano già dotate da tempo di armamenti nucleari, ad effettuare il proprio disarmo. Si tratta palesemente di un impegno non mantenuto: è come dire che una legge c’è, ma che non viene rispettata”.

Silvio Berlusconi ha definito il referendum elettorale del 1987 contro il nucleare “una sciagura”, perché avrebbe lasciato l’Italia “indietro” rispetto ai programmi energetici degli altri Paesi: lei pensa che ci sarà un altro referendum, in futuro, in merito a questa materia?
“No, credo di no. Anche perché non penso sia importante proporre un referendum, quanto un’informazione e soprattutto una coscienza civile responsabile delle proprie azioni per il benessere di tutti. Io voglio evitare ogni polemica, ma non credo che in questi anni si sia perso del tempo. Anzi, è vero l’esatto contrario: la sperimentazione sui reattori si è dimostrata largamente fallimentare e molto denaro è andato sprecato…”.

Io provengo da una località in provincia di Foggia, Alberona, che ha scelto l’eolico come fonte di energia alternativa, anche se si è trattato di una decisione che ha generato numerosi contrasti tra la locale amministrazione comunale e le diverse associazioni ambientaliste: lei ritiene che una soluzione potrebbe essere quella di una ‘convivenza’ tra distinte fonti di energia?
“Lo escludo categoricamente: innanzitutto, il dibattito sul nucleare rappresenta un discorso a sé, assai lontano dalle altre opzioni. In secondo luogo, ogni ipotesi per uno sviluppo energetico ‘misto’ non prevede che svantaggi. Meglio, a questo punto, investire in altre forme di energia rinnovabile, come l’eolico, il solare ed il fotovoltaico, pur risultando fondata l’obiezione circa i loro costi, che allo stato sono ancora considerevoli. La verità è che, in Italia, è mancata un’autentica programmazione energetica a causa dell’illusione che tutto potesse essere regolato e risolto dal libero mercato”.

Un’ultima domanda: secondo lei, la scienza è responsabile dei grandi problemi dell’umanità?
“Assolutamente sì: è fuori discussione che la tecnologia non possa e non debba fermarsi, ma non bisogna nemmeno adottare la logica del profitto come principale criterio dirimente. Dobbiamo invece imparare a vivere in armonia con la natura, la quale non può essere espropriata del proprio ruolo. Solamente così potremo riuscire ad ottenere, un giorno, il migliore dei mondi possibili”.

Fonte : laici.it

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giovedì 17 aprile 2008

A qualcuno piace caldo. Errori e leggende sul clima che cambia

Nel settore dell'informazione sui cambiamenti climatici si assiste da qualche tempo a una pericolosa biforcazione. Da un lato, la quasi totalità degli scienziati è concorde nell'indicare nelle attività umane il principale responsabile dell'aumento di CO2 nell'atmosfera con la conseguente crescita delle temperature globali, a cui diventa sempre più urgente fare fronte con politiche e strategie mirate; dall'altro, sui media trovano spazio argomentazioni che di scientifico spesso hanno poco e che negano qualunque valore all'imponente mole di evidenze che si va via via accumulando. Non passa infatti giorno senza che qualcuno affermi che il riscaldamento globale non esiste, o che se anche ci fosse non sarebbe poi così male, oppure che è causato dal Sole, dai vulcani e persino dai moscerini... e il risultato è un'inerzia troppo spesso sospetta.
Per riportare il dibattito entro i limiti della discussione scientificamente corretta, Caserini prende in esame le posizioni dei "negazionisti" e ne evidenzia, con ironia e senza mai indulgere in tecnicismi, le incoerenze, le manipolazioni e, in parecchi casi, i condizionamenti esercitati da lobby e gruppi di pressione: una lettura indispensabile per fare chiarezza in un campo che tocca molto da vicino la vita di ciascuno di noi.

Stefano Caserini, docente di Fenomeni di Inquinamento al Politecnico di Milano, svolge da anni attività di ricerca nel settore dell'inquinamento dell'aria e dei cambiamenti climatici. È consulente di enti pubblici e privati per la redazione degli inventari delle emissioni in atmosfera e per l'impostazione delle politiche di riduzione. Ha collaborato alla revisione del Quarto Rapporto IPCC, Terzo Gruppo di Lavoro, ed è autore di circa 60 pubblicazioni scientifiche nel settore dell'inquinamento dell'aria e della gestione dei rifiuti.
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giovedì 28 febbraio 2008

Libri: “Con tutta l’energia possibile” di Leonardo Maugeri

Dal petrolio al nucleare, dal carbone la sole, dal gas naturale al vento, dai biocombustibili all’idrogeno, dall’acqua alla geotermia. Esce oggi in libreria “Con tutta l’energia possibile”, il nuovo libro di Leonardo Maugeri, direttore Strategie e Sviluppo Eni e uno dei maggiori esperti mondiali del settore. Nel libro, edito da Sperling & Kupfer, Maugeri spiega i problemi e le prospettive di ciascuna delle fonti di energia di cui il mondo dispone. Con un linguaggio semplice e avvincente che non va a scapito del rigore scientifico, il top manager illustra i grandi dilemmi che gravano sulla difficile sfida energetica del nostro secolo: quella di superare l’eccessiva dipendenza del nostro pianeta dalle fonti fossili (petrolio, carbone, gas) la cui combustione e’ causa di crescente sofferenza per il pianeta. L’autore indica una serie di soluzione realistiche e stringenti, spiegando che nel breve periodo solo l’efficienza energetica ci può salvare dalla deriva, mentre nel lungo periodo solo la ricerca scientifica tecnologica potrà liberarci dalla nostra trappola energetica. E forse - è la speranza di Maugeri - la soluzione v'erra proprio dal sole.

Da economia-oggi.it
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venerdì 12 ottobre 2007

I necro-carburanti. In Francia un libro denuncia i bio-carburanti

Fabrice Nicolino, giornalista-ecologista francese, sta per pubblicare in Francia il suo nuovo libro intitolato “La faim, la bagnole, le blé et nous” (la fame, l’automobile, il grano e noi) che mette sotto accusa la nuova agricoltura industriale, attaccando in particolare la sorprendente espansione dei biocarburanti in Francia e nel mondo.
La redazione di Novethic ha pubblicato sul proprio sito internet un’intervista all’autore che nel suo libro ribattezza i biocarburanti “necro-carburanti”.
Le preoccupazioni del collega francese, per certi aspetti, sono molto simili a quanto emerso dalle interviste a esponenti dell’industria italiana della pasta, pubblicate nel numero di ottobre del mensile Atlante, dove emerge una forte preoccupazione per l’aumento del prezzo del grano dovuto anche alla produzione di biocarburanti.
Nicolino ha anticipato alla redazione di Novethic la sua convinzione che il prezzo dell’espansione dei biocarburanti venga pagato dalla deforestazione di Paesi come Brasile, Africa e Indonesia, dove questi sono un’arma di guerra e morte, e ricorda il sociologo francese Robert Linhart che dal 1980 denuncia un’agricoltura che “non serve più a nutrire gli uomini ma a produrre denaro”. “Negli Stati Uniti- continua - primo produttore di granoturco al mondo, un quarto dei raccolti è già destinato ai carburanti e presto sarà la metà. È questo che farà esplodere il prezzo dei cereali a livello mondiale”.
Secondo Nicolino i biocarburanti non sono altro che un’iniziativa commerciale risalente al 1992 quando, in tutta Europa, per far fronte a una diminuzione della richiesta di cereali, i produttori cominciarono a destinare una parte della loro produzione a usi non alimentari. Ma oggi “servono solo a offrire sbocchi commerciali” perché dal punto di vista ecologico sono tutt’altro che benefici: necessitano di pesticidi e concimi a livello massiccio che emettono grandi quantità di gas a effetto serra.
A sostegno della sua tesi, Nicolino riporta gli esiti dello studio di due scienziati statunitensi di fama mondiale, David Pimentel e Tad Patzek, i quali, esaminando l’intero ciclo produttivo dei biocarburanti, sono arrivati a concludere che in realtà la loro produzione, a causa della distruzione della foresta tropicale, è ben più dannosa dell’utilizzo del petrolio. Conclusione confermata, secondo Nicolino, anche da uno studio più recente di Paul Crutzen, premio Nobel per la chimica nel 1995.
“Credere sul serio che la seconda generazione di carburanti possa decuplicare l’efficienza energetica, utilizzando la pianta e la cellulosa degli alberi è propaganda pura e semplice”, ha concluso il giornalista. “In questo campo nulla è stato ancora provato: l’Oecd stessa, tempio dei liberali, non nasconde i dubbi più estremi su questa seconda generazione”.
Qui
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domenica 29 luglio 2007

La chimera dello sviluppo sostenibile

Autodistruzione?
Intervista con Serge Latouche di Arturo Zilli - da Carta.org

Serge Latouche, antropologo dell'economia, osservatore attento dei movimenti sociali in Europa e nel Sud del mondo, filosofo e teorico della decrescita, è stato a Bolzano, invitato dal Centro per la Pace, per presentare il suo libro "La scommessa della decrescita" [Feltrinelli]. Il suo nuovo lavoro demolisce ogni fondamento della crescita economica illimitata, parola d'ordine dei governi di destra e di sinistra, che vi intravedono la soluzione per tutti i mali.
E, invece di invocare un fuorviante "sviluppo sostenibile", Latouche sostiene che ci si dovrebbe impegnare per una società della decrescita, fondata sulla qualità piuttosto che sulla quantità, sulla cooperazione piuttosto che sulla competizione.
All'intervista, Latouche arriva molto informato. Come esempio di resistenze locali al paradigma della globalizzazione, Latouche cita le esperienze di opposizione alla trasformazione violenta del territorio che si sono avviate a Bolzano e in tutto il Tirolo del Sud: la lotta contro il tunnel di base del Brennero o contro la costruzione del nuovo megainceneritore in mezzo alla Valle dell'Adige, il no all'abbattimento di alberi per far posto alla costruzione di nuovi parcheggi in centro città o all'ampliamento dell'aeroporto.
"I problemi ecologici sono certamente mondiali - spiega Latouche - e non si potrà fare nulla se non si invertiranno i rapporti di forza a livello nazionale e internazionale ma, per il momento, non possiamo fare a meno di agire localmente: bisogna resistere a tutti i livelli ma nel quotidiano e nel concreto ci giochiamo molta della nostra capacità di iniziare un cambiamento, perché dal basso si può vincere e far capire alle persone quale sia la posta in gioco. Movimenti come quelli della Val di Susa, di Serre, e di tanti altri luoghi in Italia e in Europa sono la strada giusta, perché la lotta per restituire significato alla realtà dei luoghi in cui viviamo si può inserire nel progetto più vasto di una società diversa"

Perché non ha più senso parlare di "sviluppo sostenibile" e bisogna sostituire questo concetto con quello di "decrescita"?
Si dice spesso che il concetto di "sviluppo sostenibile" ha deviato dal significato originario. Oggi sono governi e grandi imprese a parlarne, e addirittura esiste il World business council for sustainable developement in cui sono raggruppati tutti i più grandi inquinatori del pianeta: Monsanto, Novartis, Nestlé, Fiat, Total-Fina e molti altri. Fin dalla sua origine, negli anni settanta, il concetto di sviluppo sostenibile è stato una mistificazione, un ossimoro, perché si sapeva molto bene, a partire dal primo rapporto del Club di Roma del '72, che tutto ciò che generava i problemi ambientali era lo sviluppo che si basa sulla crescita illimitata, la cui logica è quella di produrre e consumare sempre di più. Ciò evidentemente, a lungo andare, non è sostenibile. L'idea di sviluppo sostenibile serve per affermare che si sta facendo qualcosa di diverso mentre si continua a fare la stessa cosa.
Per demistificare questo concetto era necessario trovare qualcos'altro. Per anni l'abbiamo criticato, abbiamo parlato di post-sviluppo. Alla fine, un po' per caso, nel 2002, è apparso il termine "decrescita" che è sembrato uno slogan utile a sottolineare il bisogno di una rottura con la teoria della crescita fine a se stessa.

Ma è immaginabile una concezione dell'economia che non contempli la crescita?
L'economia come la intendiamo nel senso moderno, come sinonimo di economia di mercato, capitalista, si fonda sull'idea dell'accumulazione illimitata e del consumo illimitato. Quindi la decrescita segnala la necessità assoluta di uscire dall'imperialismo dell'economia, dall'"economicizzazione" del mondo e, di conseguenza, dalla colonizzazione del nostro immaginario ad opera del mercato.

In questo momento storico tu vedi nella sinistra - istituzionale o meno - la capacità, o quanto meno l'ambizione, di farsi portatrice di un progetto di cambiamento della società e dell'economia secondo questa ispirazione?
La sinistra istituzionale è già una cosa di per sè non completamente chiara. La si può definire come quella parte politica che intende gestire l'economia e quindi la società in maniera magari diversa dagli ultra-liberisti, ma che vuole gestire il sistema, non cambiarlo o rimetterlo in causa. Jospin diceva: "Si all'economia di mercato, no alla società di mercato". Però, nel momento in cui l'economia è diventata la totalità della società, non si può fare altro che dire sì a tutt'e due gli aspetti citati dall'ex premier francese. È significativo il tentativo di introdurre uno scarto tra il sociale e l'economico nel momento in cui, con la globalizzazione, questo scarto scompare del tutto. La sinistra istituzionale - dalla socialdemocrazia a Tony Blair, ma anche quella extra-istituzionale - s'è lasciata colonizzare dalla logica economica del produttivismo e dell'"istituzione", cioè dalla vita l'interno del quadro definito dalla società capitalista globalizzata. Per questo non nutro tante speranze.

Ma allora chi può promuovere la società della decrescita?
Credo che bisogna abbandonare anche la problematica del "soggetto storico" che abbiamo ereditato dal marxismo. Ogni battaglia ha una fine. La lotta di classe oggi è terminata ed è il capitale che ha vinto. La globalizzazione è la manifestazione della sua vittoria: provvisoria ma incontestabile. Ci sono due maestri tra le mie fonti d'ispirazione:Cornelius Castoriadis e André Gorz. Secondo loro il sistema capitalistico si autodistrugge. Nessuno ha il potere di resistere alle multinazionali.
D'altra parte, non è ciò che resta della classe operaia che si farà portatrice del cambiamento, della "democrazia radicale". Anzi, gli operai sono a volte più reazionari degli industriali. È tutta l'umanità che è minacciata da uno sviluppo e da una crescita senza limiti quindi, potenzialmente, tutti possono essere i fautori della decrescita. Anche gli imprenditori. Molti di loro, anzi, spesso mi invitano a tenere delle conferenze e mi chiedono consiglio sul da farsi. Ci troviamo di fronte all'autodistruzione del sistema ed è l'insieme delle persone che, chi più chi meno, sono tutte complici e vittime del sistema, a poter fare qualcosa per evitare il tracollo della vita sulla Terra.

La città è il luogo principe della produzione e della crescita economica. Andare verso la decrescita significa anche una de-urbanizzazione?
In Francia il movimento per la decrescita è molto ricco e anche contraddittorio. Ci sono due sensibilità, due scuole di pensiero: gli "obiettori di crescita" di città e quelli di campagna. Per quanti sono coinvolti in pratiche alternative è spesso più facile mettere in atto pratiche locali, ecologiche, agro-biologiche. L'agricoltura deve essere un'agricoltura contadina, senza pesticidi e prodotti chimici. Nell'utopia della decrescita, utopia del tutto realizzabile, l'idea è che si dovrebbe essere tutti un po' contadini, produttori di derrate alimentari di base. È un'idea che riprendo in parte da Murray Bookchin. Se si pensa alla decrescita come Maurizio Pallante, che fa riferimento all'autoproduzione, non è facile: come potrei coltivare patate nel quinto arrondissement [municipio, ndr.] a Parigi? Io sono un uomo urbano. Per me la città è la polis, in senso greco, luogo irrinunciabile dove fare politica.
Bisogna certo ripensare le città, diventate ormai dei mostri. Il sistema della crescita distrugge le città. A Bologna, ad esempio, gli urbanisti hanno svolto un lavoro molto interessante paragonando foto aeree a distanza di anni e hanno osservato che se la popolazione non è aumentata di molto, al contrario la distruzione del territorio è stata stupefacente. C'è la necessità di reinventare la città perchè è il luogo della cittadinanza e, allo stesso tempo, reinventare la campagna. Qualche esempio c'è: si pensi all'antico modello italiano dei comuni, che bisognerebbe adattare al presente, con una nuova articolazione tra città e campagna.
Qui

(L'immagine - Botero)
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sabato 17 febbraio 2007

Storia Petrolifera del Bel Paese


"La Storia Petrolifera del Bel Paese" di Giovanni Pancani e Ugo Bardi sarà presentata dagli autori Sabato 17 Febbraio 2007 a partire dalle 17:30 presso il distributore IES (quale posto più adatto per un libro del genere?) di via Senese, frazione di Galluzzo, comune di Firenze. Introduce Adolfo Vannucci, Amministratore delegato di IES-Italia.

domenica 11 febbraio 2007

" L’odyssée du transport électrique ": la storia dell'elettricità nei trasporti

L' odyssee del trasporto elettrico riporta la storia dei veicoli elettrici attraverso il tempo…
Realizzato su iniziativa della Direzione trasporti e veicoli elettrici della EDF e pubblicato da Cliomedia, "L'Odissea del trasporto elettrico„ è disponibile dal 15 gennaio ritorna così sulla storia già lunga del trasporto elettrico a partire dalla prima automobile elettrica concepita da Davidson in 1842 fino ai veicoli elettrici di ultima generazione che possiamo vedere oggi.
Informazioni sul libro: formato 15 x 21 cm, 160 pagine, 220 illustrazioni, tiratura in 10.000 copie al prezzo di 22 €.

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martedì 12 dicembre 2006

“Storia Petrolifera del Bel Paese”

In questo recente libro, Ugo Bardi, presidente di ASPO-Italia e il suo collaboratore Giovanni Pancani riprendono la tematica del petrolio e del suo esaurimento focalizzandosi sulla situazione del “Bel Paese”, l’Italia. Gli autori ripercorrono prima la storia geologica italiana, poi quella economica, e finalmente discutono le prospettive future per l’energia in Italia. Gli autori concludono che la produzione petrolifera nazionale, pur non trascurabile, ha ormai raggiunto i suoi limiti e l’energia italiana del futuro non può che venire dalle rinnovabili.“Storia Petrolifera del Bel Paese”di Ugo Bardi e Giovanni PancaniEditore Le Balze, 2006, 103 p.
Per acquistare qui
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lunedì 20 novembre 2006

La cospirazione del motore a combustione interna (contro i veicoli elettrici)

Edwin Black col suo recente libro "Internal Combustion" afferma senza mezzi termini che è esistita ed esiste una cospirazione delle major automobilistiche e dei governi in azione da più di un secolo per favorire i veicoli alimentati da carburanti derivati dal petrolio. Una vera e propria volontà finalizzata a mantenere la dipendenza al petrolio resa evidente dall'autore nei documenti ritrovati negli archivi a scapito dei vecoli elettrici. " Internal Combustion, published in 2006, connects the dots of greed and deception that have governed energy from ancient times to the present, and that threaten to destroy our future. Based on prodigious research deep into the historical record and previously unavailable archives, Black pulls no punches. He demonstrates exactly how power-hungry despots, avaricious monopolists, and bottom-line obsessed corporate oligarchs have long controlled where we get our energy and how we use it. From the electric cars of a century ago, to the secret 1914 project of Henry Ford and Thomas Edison to convert America to electric vehicles, Internal Combustion shocks and reveals. Known for revealing "a century of lies," the book lays bare the story behind the energy crisis--past, present, and future. Yet, the book sounds a call to action, telling people how they can get off of oil right now. The world can peer into the past and discover that to achieve clean energy independence and petropolitical security we do not need to reinvent the wheel. We need only to exhume the wheel of alternative energy from whence it was deliberately buried by those who have profited from petroleum and Internal Combustion. St Martins Press has nominated Internal Combustion for the Pulitzer Prize. More information on the book can be found at www.internalcombustionbook.com."
Un video di presentazione in youtube
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