Nel sito web serbo Radio Sbrija in lingua italiana leggiamo un articolo dal titolo COSTRUZIONE DELLA CENTRALE NUCLEARE IN BULGARIA riguardante l'ipotesi di un nuovo impianto, “Belene”, da realizzare nel territorio bulgaro al quale il Governo serbo vuol partecipare finanziariamente con un 5%.
La corrente prodotta dalla centrale “Belene” potrà essere utilizzata per una centrale idroelettrica a doppio bacino. Durante la notte l'acqua del secondo bacino dovrebbe essere trasferita, accumulata, nel bacino più in alto, per generare nuovamente corrente elettrica durante la maggiore richiesta diurna.
Gli ecologisti serbi e bulgari sono contrari alla costruzione del nucleare, e come uno dei motivi dicono che la Bulgaria non ha una strategia per il deposito dei rifiuti nucleari da “Belene”, mentre gli ecologisti bulgari hanno avvertito che il sito su cui si dovrebbe costruire il nucleare, non è adatto, perché in quella zona sono frequenti i terremoti.
La centrale nucleare “Belene” avrà una potenza di 1.060 megawatt sufficiente per compensare la riduzione della capacità per la produzione di corrente elettrica in Bulgaria, creatosi con il spegnimento prematuro del reattore nella centrale nucleare “Kozloduj”. La costruzione del nucleare nel nord della Bulgaria, accanto al Danubio, è stata concordata con l'impresa russa “Atomstrojeksport”.
Per la realizzazione di questo grande progetto energetico, alla Bulgaria è necessario un partner strategico, perché la compagnia tedesca RWE, si è ritirata nell’autunno del 2009. La costruzione della centrale nucleare “Belene” iniziò nel 1981, ma venne fermata 10 anni per motivi finanziari. I lavori sono ripartiti nell'autunno del 2008.
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Riassumendo. Uno. Una centrale nuova va a sostituire una che è stato deciso di disattivare prima del termine preventivato riguardo la sua vita operativa. Ciò avrà comportato un più basso ritorno economico nell'investimento ed una conseguente spesa per la cosiddetta decommissioning. Due. La nuova centrale non ha partner economici privati disposti a investire sul nucleare. Se lo saranno posto il problema ma soprattutto se la saranno data una risposta? La risposta è semplice, non offre vantaggi economici per gli investitori puri senza contributi esterni, occulti, governativi. Tre. Non sanno dove smaltire le scorie radioattive residuali, ma non sono gli unici. Non lo sanno neppure gli americani, i francesi, gli svizzeri ... ecc.. Nessuno ha trovato un luogo sicuro, un sito definitivo, dove mettere un grammo del combustibile radioattivo esausto per isolarlo per i millenni futuri.
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9 commenti:
Avrei una curiosità:
Quanto può essere il rendimento di un sistema di accumulo a doppio bacino?
Naturalmente il rendimento dipende da vari parametri, il dislivello, la portata d'acqua, la potenza nominale del generatore che produce energia elettrica. Bisognerebbe individuare per ognuno degli impianti esistenti quale è il rendimento. Qualcuno ha idea dove si possono trovare questi dati?
Comunque ritengo che fra tutti i sistemi di accumulo di energia esistenti, il doppio bacino sia quello (l'unico) che permetta una affidabilità stagionale, di mesi almeno.
In pratica mi chiedevo se (supponiamo) il 33% dell'energia prodotta da una centrale Nucleare deve passare da un sistema di accumulo a quanto ammontera' il costo finale dell'enegia?
Io dovrei fare prima qualche ricerchina ma intanto provo a impostare la questione per tenere alto l'interesse ...
Bisognerebbe intanto capire a che scopo è rivolta la domanda. Io qui analizzo il caso delle idroelettriche italiane dell'arco alpino che usano in fasce baseload l'energia in eccesso prodotta da quelle termiche italiane e termonucleari francesi/svizzere data la loro scarsa modulabilità e quindi a buon mercato. L'uso tipico di queste centrali è di produzione modulata al fine di gestire i picchi di consumo diurni.
Mi limito anche al caso più comune di impianto reversibile, ossia lo stesso gruppo turbina-generatore è usato anche per il ripompaggio al fine di limitare i costi di impianto e la relativa manutenzione.
Il sospettato Numero 1 è la turbina che dovendo lavorare su un salto è del tipo a reazione (Francis, Pelton, ecc.): molto dipende da quanto velocemente deve sollevare, infatti aumentando la portata inevitabilmente diminuisce il rendimento.
Direi che le variabili in campo sono i rendimenti di:
1) trasporto dell'energia elettrica dal/i generatore/i della centrale nucleare fino al bacino inferiore
2) trasformazione in più bassa tensione presso il bacino inferiore
3) motore elettrico (il generatore reversibile)
4) pompa di sollevamento (turbina Francis/Pelton in reversibile)
5) perdite di carico sulle condotte tra i due bacini (poca roba penso) durante il riempimento del bacino superiore
6) perdite di carico nelle condotte durante la discesa dell'acqua
7) rendimento della turbina
8) rendimento del generatore elettrico
9) trasformazione da bassa a alta tensione
Ovvio che i punti da 6 a 9 sono a comune con i rendimenti di produzione da acqua raccolta nel bacino superiore per vie naturali, ma da un punto di vista economico dovrebbero essere inclusi anche quei rendimenti. D'altra parte nelle valutazioni economiche rientrano anche i maggiori costi per realizzare il secondo bacino e la reversibilità dell'impianto.
Qualcuno vuol mettere dei "suoi" numeri?
Per distanze di trasmissione tipiche, azzardo un rendimento di circa il 60% come prodotto dei rendimenti da 1) a 5).
In pratica i kWh che "passano" dal sistema di accumulo finiscono per costare il doppio.
(senza contare il costo extra dell'impianto)
Mi sono documentato meglio e nella fretta del precedente commento ho scritto delle imprecisioni (diciamo così, per auto-compassione...).
Ampi salti geodetici e relative turbine Francis e Pelton sono inutilizzabili per il ri-pompaggio e infatti sono inutilizzati. Punto.
L'unico utilizzo è nel caso di impianti idroelettrici ad acqua fluente o con salti geodetici fino a 15-20m e turbine Kaplan. Il rendimento generale di pompa+motore è al massimo del 75% che va diminuito della componente di perdite trasmissive e di trasformazione nel caso si utilizzi energia elettrica prodotta altrove, arrivando a rendimenti paragonabili a quello del precedente mio commento.
Il ciclo tipico sono 8-10 ore di pompaggio contro 1-2 ore di produzione a compensazione dei picchi.
I vantaggi economici e di sistema ci sono nell'effettuare il pompaggio, infatti è assai diffuso: l'eccesso di produzione delle rigide centrali termiche e nucleari da qualche parte deve pur andare, quindi viene svenduto.
Non potendo realizzare un elettrodotto che sfrutti le differenze di fuso orario e quindi consumi istantanei di energia elettrica tra Italia e Giappone(scherzo, ovviamente...!) è per questo che sarebbe una importante fonte di efficienza l'incremento di trasporto ferroviario e la ricarica di BEV notturni.
Molto interessante, grazie!
A questo punto sarebbe interessante scoprire quale percentuale di energia prodotta da una "rigida" centrale nucleare debba passare per il sistema di accumulo.
Bisognerebbe conoscere le politiche di dispacciamento per le singole centrali applicate dal gestore della rete trasmissiva, mica facile. La faccenda poi cambia da griglia a griglia, in funzione del mix energetico del singolo paese
Le termoelettriche a combustibili fossili tradizionali sono altrettanto rigide delle termonucleari e a mio parere più interessanti da valutare perché continuano a produrre gas serra e inquinanti vari in fasce da baseload a causa dei suoi limiti tecnologici e non perché sia effettivamente necessario per sostenere i consumi elettrici.
In Italia la recente introduzione delle fasce F2 e F3 obbligatorie va ovviamente nella direzione di riequilibrare i consumi sulla F1, almeno per la quota da addebitare al residenziale: vedremo come reagiranno gli italiani, io sono fiducioso.
Lunghi elettrodotti in corrente continua ad alta tensione 800 kV potrebbero congiugere qualche fuso orario. Forse collegare il Giappone, chissà con i progressi sarà forse possibile...ma con elettrodotti aerei.
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