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Quindi, mi par di capire, lei ritiene più utile per l'Italia puntare sulla quarta generazione
«La discussione se sia meglio partire subito con reattori di terza generazione o accelerare lo sviluppo tecnologico e l'installazione di quelli di quarta, è aperta. Ma è difficile stabilire a priori chi vincerà. In definitiva l'energia migliore è quella che costa meno, considerando nei costi tutte le componenti, da quelli delle tecnologie ai costi sociali ed ambientali».
Provi a sbilanciarsi dottor Troiani
«Sicuramente posso dire che con gli attuali reattori, di seconda e terza generazione, sono emerse tre principali problematiche connesse all'impiego estensivo dell'energia nucleare: l'elevato rateo di produzione di scorie radioattive, altamente tossiche e a lunga vita (centinaia di migliaia di anni), la bassa "efficienza" di sfruttamento del materiale fissile e la limitata disponibilità in natura dell'Uranio. A questi ritmi di sfruttamento le riserve accertate di Uranio si esauriranno in meno di un secolo, riproponendo a breve termine una situazione analoga a quella odierna sul petrolio e vanificando qualunque investimento nel settore. I reattori di quarta generazione, invece, oltre a sfruttare meglio i materiali fissili sono anche in grado di produrli partendo da materiali non fissili (uranio -238 e, in futuro, anche torio). Quindi attraverso i processi di fertilizzazione sono in grado di allungare decisamente la durata della fonte nucleare e minimizzare la produzione dei rifiuti radioattivi».
Alcuni, come Carlo Rubbia, pensano molto prudentemente che la quarta generazione diverrà realtà solo tra quindici anni Gli ambientalisti parlano di venticinque o addirittura trent'anni. Lei che tempi prevede?
«Piuttosto di tempi - che non sarebbero certo eterni - preferirei parlare del "sistema paese" che serve per arrivare alla quarta generazione. Occorre ricostruire competenze adeguate in diversi settori, da quello legislativo e regolatorio alle autorità di controllo, dagli enti di ricerca all'industria, dal settore economico- finanziario a quello politico. Anticipare la dismissione di impianti produttivi - sebbene alimentati con fonti fossili - per passare il prima possibile al nucleare potrebbe anche rivelarsi a lungo andare non economico. E significherebbe aggiungere ai costi che in passato abbiamo sopportato per chiudere gli impianti nucleari non ancora ammortizzati quelli che oggi dovremmo sopportare per arrestare gli impianti convenzionali (se non saranno completamente ammortizzati). E' evidente, quindi, che il reingaggio nucleare deve avvenire attraverso un piano che tenga conto di tutte le variabili e dei costi dell'intero ciclo, nonché delle reali possibilità di intervento dell'industria nazionale. Acquistare "chiavi in mano" reattori nucleari dall'industria estera significherebbe solo spostare i fondi dei costi energetici dai paesi produttori di petrolio a quelli produttori di reattori nucleari, con guadagni reali contenuti per il nostro Paese».
(*) Già assistente e collaboratore del premio Nobel Carlo Rubbia, Troiani è presidente di Nucleco spa (società partecipata da Sogin e Enea che provvede alla gestione delle sorgenti e dei rifiuti radioattivi) e membro di gruppi di studio e di consulenza ad organismi nazionali ed internazionali in tema di sviluppo dell'energia nucleare.
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1 commento:
imparato molto
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