L’Italia continua a rimanere a secco di precipitazioni con laghi vuoti e fiumi al minimo. Non va meglio nel Nord Sardegna – rileva la Coldiretti interprovinciale – dove il caldo prolungato e la crisi idrica hanno messo in ginocchio le campagne: un mix di fattori al quale si devono aggiungere le gelate di aprile e le nevicate invernali che hanno compromesso il patrimonio boschivo.
La mancanza di pioggia nel periodo autunnale lascia l’Italia a secco come dimostrano i volumi d’acqua dei grandi laghi e i livelli idrometrici dei fiumi. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sugli effetti della crisi idrica nel mese di ottobre che secondo gli esperti potrebbe classificarsi come uno dei periodi più secchi degli ultimi 60 anni, in linea con il quadro siccitoso registrato durante tutto il 2017: su scala nazionale la percentuale di precipitazioni si è praticamente dimezzata con un -47%.
“Siamo di fronte a un’evidente anomalia che conferma la tendenza ai cambiamenti climatici con impatti sulla natura e in prospettiva sulla vita quotidiana – dichiara il direttore della Coldiretti Nord Sardegna, Ermanno Mazzetti. In molti casi le produzioni sono dimezzate e gli effetti di questa nuova tendenza climatica potrebbero ripercuotersi sul lungo periodo con crisi produttive anche maggiori”.
Non va meglio nel nord Sardegna dove il caldo prolungato, la crisi idrica e la siccità hanno messo in ginocchio le campagne: un mix di fattori al quale si devono aggiungere le gelate di aprile che hanno bruciato i germogli sul nascere e le nevicate invernali che hanno compromesso il patrimonio boschivo. A pagare le conseguenze peggiori del clima pazzo sono state le produzioni di vino, miele e olio. Per non parlare delle carciofaie che a causa del caldo e dell’assenza di precipitazioni potrebbero subire danni elevati.
Attualmente il sistema dei bacini che alimentano il distretto irriguo della Nurra è al minimo storico. Il Temo contiene 12 milioni di metri cubi d’acqua (il 17% del volume autorizzato); il Cuga 1 milione di metri cubi (il 5% del volume autorizzato); il Bidighinzu è di poco al di sopra dei 500 mila metri cubi (il 6% del volume autorizzato). Non sorride neanche il sistema irriguo della Gallura dove la diga del Liscia contiene il 45% del volume autorizzato.
“Di fronte allo stravolgimento del clima è necessario passare dalla gestione dell’emergenza alla cultura delle prevenzione – afferma il presidente della Coldiretti Nord Sardegna, Battista Cualbu. Occorrono interventi di manutenzione delle reti idriche, di risparmio, di captazione di nuova risorsa e di riciclaggio delle acque”.
Il deficit di pioggia e le temperature superiori alla norma hanno lasciato i terreni asciutti, compatti, di difficile lavorazione anche per le semine che non trovano le condizioni ottimali per arrivare a una corretta germinazione. Caldo e siccità – precisa la Coldiretti – sono fattori stressanti per la vegetazione, in primo luogo sulle gemme delle piante da frutto, che con queste temperature possono germogliare con fioriture autunnali anomale e che preoccupano per i raccolti estivi, che potrebbero essere in parte compromessi. E preoccupano anche gli insetti che trovano nel caldo anomalo autunnale le condizioni migliori per svilupparsi dilatando enormemente la propria capacità riproduttiva.
Siamo di fronte agli effetti dei cambiamenti climatici – precisa la Coldiretti – che si stanno manifestando con pesanti conseguenze sull’agricoltura perché si moltiplicano gli sfasamenti stagionali, gli eventi estremi e il diffondersi di nuovi insetti. Il clima sta diventando un fattore nell’economia italiana, tanto che i danni causati all’agricoltura dal clima impazzito ammontano a oltre 14 miliardi di euro negli ultimi 10 anni.
Fonte Coldiretti
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