A seguito di una conversazione privata, ho chiesto all'amico Corrado di riassumere concetti essenziali riguardanti le 'terre rare', elementi poco conosciuti ai più quanto importanti per la tecnologie più moderne presenti nella nostra vita di tutti i giorni. Qui di seguito l'interessantissima analisi.
Da sempre guardo con sospetto l’abuso di terre rare che, come ricordano i chimici, comprendono anche elementi in realtà abbastanza diffusi ma poco abbondanti, detto alla vecchia maniera.
E’ quasi con dolore che, giorni fa, ho dovuto modificare un processo industriale basato sul cobalto per sostituirlo con il neodimio, prezioso per i magneti, solo perché in alcuni mercati il cobalto è stato bandito, anche laddove sia completamente ossidato. Stessa sorte toccò anni fa al selenio, sostituito necessariamente con l’erbio, altra terra rara indispensabile per esempio nelle fibre ottiche. E già dalla Cina, dove le terre rare costano poco, è partita un’offensiva vestita di ecologia che costringerà a sostituire l’antimonio con il cerio, in modo da accrescere le difficoltà dei produttori occidentali. Alcuni concorrenti usano addirittura il gadolinio, disperdendolo per sempre, solo per non infrangere un brevetto riguardante la semplice produzione di beni voluttuari. Basti pensare che, grazie alla scarsissima interazione coi sistemi biologici, il gadolinio è l’unico mezzo di contrasto ammesso per analisi mediche importanti come la RMN al cervello.
Riguardo al disprosio, non sarà lui a frenare le auto elettriche, basti pensare che i motori elettrici dei veicoli Renault (i Francesi la sanno lunga nella protezione degli interessi nazionali) non fanno uso di magneti permanenti, così non rischiano ricatti da est. Grazie alle moderne tecniche di simulazione e progettazione elettromagnetica, un motore realizzato con acciaio, rame, vernice, cartone ed eventuale carbonio può oggi pagare anche solo uno o due punti percentuali in efficienza, rispetto ad una alternativa basata su terre rare. Il vero svantaggio è il costo di realizzazione, ma anche questo è in corso di riduzione grazie ad una automazione sempre più spinta (l’industria italiana è messa bene su questo punto, anche grandi costruttori come Siemens ed ABB usano spesso macchine avvolgitrici italiane).
Un rischio più concreto riguarda la produzione di energia elettrica da rinnovabili: i generatori eolici ed idroelettrici oggi raggiungono certe efficienze grazie all’innalzamento del punto di Curie ottenuto con l’addizione di terre rare alle normali miscele di samario-cobalto o, nella maggior parte dei casi, di neodimio-ferro-boro, che permette di operare con magneti di dimensioni ridotte.
Magari torneremo indietro come efficienza, ma non dimentichiamoci che tutte le principali macchine elettriche funzionavano piuttosto bene prima della diffusione nell’industria delle terre rare.
Quello che mi spaventa sono gli usi in medicina e nelle telecomunicazioni: questi possono davvero mettere in crisi il BAU. Pensate solo che i tubi catodici a colori usati ovunque per mezzo secolo erano basati sull’europio, indispensabile nella produzione del “fosforo” rosso nella terna RGB.
Ing. Corrado Petri
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