Due notizie per cogliere i segnali del crollo dell'impero del petrolio e gas dietro l'angolo. Che siano segnali è evidente, quanto il crollo dell'impero sia imminente non è dato sapere al momento.
La prima riguarda la poderosa Siemens AG, la conglomerata tedesca, la maggiore d'Europa per fatturato e dipendenti con quartieri generali tra Berlino, Monaco di Baviera, Erlangen e Milano, suddivisa in 4 settori, Infrastructures and Cities, Industry, Energy, Healthcare. A livello mondiale conta circa 360.000 dipendenti in 190 Paesi, con un fatturato nel 2016 di 1.901 milioni di euro. In questi giorni, la Siemens ha dichiarato l'intenzione di mandare a casa 6.900 persone, la metà delle quali in Germania, e chiudere 2 stabilimenti prossimamente. "Siemens risponde alla rapida accelerazione dei cambiamenti strutturali nella produzione delle energie fossili e nel settore delle materie prime", spiega un comunicato del colosso industriale tedesco che sottolinea in particolare la riduzione della domanda di turbine a gas.
La seconda riguarda i fondi sovrani norvegesi gestiti dalla Norges Bank (1.000 miliardi di dollari in beni) che verranno progressivamente disimpegnarsi dalle compagnie petrolifere e del gas. Norges Bank gestisce il più grande fondo sovrano del mondo e ha appunto dichiarato che vuole limitare la vulnerabilità del regno di Norvegia ai rapidi cambiamenti dei prezzi degli idrocarburi.
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