L’ENERGIA NUCLEARE AL TEMPO DELLA CRISI DEL PETROLIO.
Un commento di ASPO-Italia; l'associazione che studia il picco del petrolio.
www.aspoitalia.net
Il ventesimo anniversario del referendum anti-nucleare in Italia è un'occasione per ripensare alla questione energetica in un contesto che, in questi anni, si è fatto urgente e drammatico. Il picco globale del petrolio è imminente e, secondo alcuni studi, potrebbe essere già avvenuto nel 2006. Indipendentemente dalla data del picco globale, il sistema economico italiano sta già reagendo negativamente agli aumenti di prezzi: negli ultimi tre anni i consumi petroliferi nazionali si sono ridotti del 15%. Questa riduzione è stata parzialmente compensata dall'aumento di consumi di gas naturale, ma anche il gas è soggetto allo stesso progressivo esaurimento che ha portato il petrolio a raggiungere il suo picco. Lo stesso vale per il carbone. Si pone allora il problema di dare energia al "sistema italia" in un mondo in cui i combustibili fossili si stanno facendo sempre più rari e costosi. Per questa ragione, in molte sedi in Italia si sta parlando della possibilità di ritornare al nucleare; abbandonato vent’anni fa.
La nostra analisi sulla questione nucleare si basa sugli stessi concetti che hanno permesso di prevedere in largo anticipo l'attuale crisi del petrolio, ma che possiamo altrettanto bene applicare all’uranio. L’uranio è una risorsa esauribile come il petrolio e si tratta di valutare per quanto tempo le riserve potranno fornire combustibile per le attuali centrali e se sarà possibile incrementare la produzione di energia nucleare nel futuro. Questo approccio non vuole ignorare gli altri problemi che sono associati con l'energia nucleare, come quello strategico, quello della sicurezza, quello della gestione delle scorie, e altri. Vogliamo tuttavia portare l'attenzione su un problema di fondo, quello della disponibilità di uranio minerale, del quale si è parlato poco fino ad oggi.
In questo tipo di analisi, emerge che le risorse di uranio estraibile mondiali sono estremamente limitate. Si può stimare che le risorse di uranio note permetteranno di mantenere in attività l'attuale parco di centrali nucleari al massimo per qualche decennio. In queste condizioni, è impossibile che si riesca a espandere in modo significativo la produzione con le attuali riserve nell'ambito dell’attuale tecnologia delle centrali a fissione a uranio arricchito. E’ stato proposto più volte che la produzione di uranio minerale potrà aumentare nel futuro utilizzando risorse attualmente non considerate economicamente estraibili, ma ci sono dei forti limiti a questo approccio. Se è vero che l'uranio è un elemento abbondante nella crosta terrestre, è anche vero che di queste risorse teoriche solo una una minuscola parte è interessante come fonte di energia. L'estrazione della maggior parte di questo uranio richiederebbe più energia di quanta non se ne potrebbe poi ottenere utilizzandolo come combustibile per le centrali nucleari.
Già ora ci sono gravi difficoltà di approvvigionamento per mantenere in funzione l’attuale parco di centrali nucleari. Come è noto, al momento l’energia nucleare rappresenta circa il 7% dell'energia primaria mondiale, ma la produzione di uranio minerale è molto inferiore al consumo. La differenza (circa il 40%) è ottenuta dallo smantellamento di vecchie testate nucleari sovietiche che, ovviamente, possono essere considerate come una risorsa ancora solo per pochi anni. Aumentare la produzione di uranio minerale ai livelli necessari per un soddisfare anche solo la presente domanda appare molto difficile, per non parlare dei giganteschi investimenti che sarebbero necessari per espanderla.
Sulla base di questi concetti, una ripresa dell'energia nucleare si presenta come estremamente problematica, soprattutto in Italia dato che non disponiamo di risorse nazionali di uranio o comunque di sorgenti sicure in vista di possibili crisi geopolitiche future. Una centrale nucleare è un investimento a lungo termine: la sua durata di vita è di almeno trent'anni e il pareggio economico ne richiede una decina circa. E' difficile pensare che degli investitori vogliano rischiare le somme necessarie per costruire nuove centrali senza avere la garanzia che queste possano avere combustibile a disposizione per la loro durata di vita prevista o anche soltanto per il tempo necessario per un ritorno economico dell'investimento.
Di conseguenza, riteniamo che le nostre risorse saranno meglio utilizzate nello sviluppo dell'energia rinnovabile, allo stesso modo in cui si sta facendo in Germania e in altri paesi europei. Per illustrare la potenzialità di queste risorse, basterà ricordare che sul territorio nazionale cade ogni anno energia solare equivalente a 300 miliardi di barili di petrolio, ovvero circa 1000 volte il consumo di petrolio italiano. Questa energia, non è soggetta a esaurimento e nemmeno a problemi strategici e politici.
Nonostante la prospettiva di scarsità di uranio, tuttavia, riteniamo anche che l'opzione nucleare non debba essere rifiutata in blocco. Esistono prospettive di nuovi sviluppi tecnologici che potrebbero alleviare il problema e, nel futuro, aprire strade completamente nuove per la produzione di energia. E' anche possibile che, in una fase transitoria, nucleare e rinnovabili possano operare insieme con reciproco vantaggio nell'ambito del concetto della "smart grid" ("rete intelligente"). Infatti, la caratteristica di "base load" della produzione di energia nucleare si accoppia bene con la produzione giornaliera variabile dell'energia solare che segue approssimativamente la domanda di energia elettrica della rete. In questo senso, le rimanenti risorse di uranio planetarie possono essere viste come un mezzo per favorire una transizione dolce verso un'economia basata sulle rinnovabili.
In ogni caso, riteniamo che i problemi relativi all'energia non si possano risolvere su basi ideologiche: l’energia non è né di destra né di sinistra. Nella situazione di grave carenza energetica in cui siamo oggi e considerando anche i problemi climatici planetari, non possiamo permetterci di trascurare nessuna possibilità di produrre energia senza bruciare composti fossili del carbonio.
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2 commenti:
Alcune osservazioni sull'articolo di Massimo De Carlo.
1. Se le cose stanno così male per il nucleare perchè Francia e Germania continuano su quella strada ?
2. E' vero che le riserve di metano in termini di TEP sono circa il triplo di quelle del petrolio ?
A quanti vorranno ripondere, grazie !
Gent.mo Ingegnere faccio presente che l'articolo o comunicato stampa è dell'Associazione denominata ASPO , più precisamente della sezione italiana, che studia il picco del petrolio e del gas. Sul punto 1- direi che adesso, nelle condizioni drammatiche in cui ci troviamo per le riserve mondiali di petrolio e gas ancora non estratte, sarebbe forse (forse) più danno che beneficio disfarsi delle centrali nucleari esistenti. Per quanto riguarda la realizzazione di nuove centrali non so quante nazioni vogliano seriamente intraprendere una strada economicamente perdente. Nessuna centrale è in costruzione in USA poiché nessun investitore privato è così pazzo da intraprendere questa strada, sappiamo come gli americani siano attenti al ritorno economico, non avendo sovvenzioni statali. Il punto 2- Non saprei. Quanto sia il contenuto effettivo del petrolio e del gas nei pozzi sembra essere inconoscibile, il picco del petrolio c'è già stato, attendiamo dati per riconoscere quello del gas.
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