Ritorno ancora sull'argomento trattato qualche giorno fa (L'impatto sulla salute della combustione della legna) traendolo ancora una volta dal sito dell'Arpat, l'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, che a sua volta si rifà ad un articolo della rivista di ARPA Emilia Romagna, con la premessa che riguarda la stima delle emissioni e le politiche dell'Emilia Romagna per limitarle, pubblicato in un recente articolo su ECOSCIENZA, Numero 1, Anno 2015, da Arpa Emilia-Romagna
L'uso della biomassa nei settori della produzione di energia e della combustione non industriale è stato incentivato e favorito negli ultimi anni da una parte da politiche e norme europee (Direttiva 2009/28/CE), nazionali (D. Lgs 28/2011 e DM 15/03/2012) e regionali relative all'uso delle rinnovabili, dall'altra dai risparmi - in termini di costo – per quanto riguarda l'impiego di biomassa legnosa per il riscaldamento domestico.
Tali strategie non hanno però prestato particolare attenzione all'impatto negativo sulla qualità dell'aria: le biomasse usate come combustibile provocano infatti l'immissione nell'ambiente di polveri e idrocarburi policiclici aromatici (IPA) (vedi anche notizia del 15/12/2014); le emissioni di inquinanti variano a seconda della modalità di utilizzo della biomassa.
Numerosi sono gli studi che hanno cercato di stimare le emissioni derivanti dall'utilizzo di biomasse legnose sia a livello nazionale che regionale.
I dati dei consumi di biomassa a uso domestico confluiscono quindi nei diversi inventari delle emissioni, che dal canto loro hanno evidenziato un incremento del peso delle emissioni di PM10 primario da parte del riscaldamento degli ambienti, ad oggi una delle più importanti fonti di emissioni in atmosfera, soprattutto nelle regioni con una quota rilevante di territorio montano (vedi anche notizia del 22/04/2014).
In Emilia-Romagna, per esempio, dove la combustione di biomassa per riscaldamento domestico copre solo l’8% del fabbisogno energetico, la combustione di biomasse è responsabile della quasi totalità delle emissioni di PM10 nel settore della combustione non industriale. Le emissioni di PM10 derivanti da attività di combustione di legna e similari per riscaldamento domestico contribuiscono inoltre per il 39% alle emissioni totali, con un contributo relativo alle emissioni di PM10 maggiore di quello dei trasporti (34%).
La stima delle emissioni derivanti dall'uso di biomassa, tuttavia, comporta molte fonti di incertezza dovute ad alcuni elementi critici che riguardano soprattutto:
- indicatori di stima che provengono dai consumi di combustibile, critici per quanto riguarda l'uso di legna da ardere;
- fattori di emissione, che dipendono dal tipo di combustore utilizzato e dalle caratteristiche del combustibile che, nel caso della legna, sono variabili in funzione delle dimensioni del cippato e dal contenuto di umidità.
Per diminuire queste incertezze ed ottenere un quadro dei fattori di emissione quanto più conforme alla realtà italiana, sono state condotte campagne sperimentali per valutare le emissioni dovute all'utilizzo delle principali tipologie di apparecchi di combustione a uso domestico, in “cicli reali”, e utilizzando le essenze legnose di maggior utilizzo, con diverse modalità di stagionatura e alimentazione in camera di combustione.
Di fronte all'evidenza degli effetti negativi sulla qualità dell'aria provenienti dall'impiego di biomassa, nonostante le incertezze evidenziate, sono state introdotte da più amministrazioni alcune misure di contrasto all'inquinamento dovuto all'uso delle biomasse.
.....
Il Piano aria integrato 2020 dell’Emilia-Romagna stabilisce dunque obiettivi di riduzione non solo delle emissioni primarie di PM, ma anche e principalmente degli inquinanti precursori dell'inquinamento secondario (ossidi di azoto, composti organici volatili, ammoniaca e composti dello zolfo).
....
L’obiettivo di riduzione delle emissioni di PM10 e composti organici volatili per più dell’80% si potrebbe ottenere attraverso la sostituzione/controllo degli impianti a biomassa (camini, stufe) utilizzati per il riscaldamento degli edifici (per gli impianti a biomassa è ipotizzato che i sistemi di combustione siano rappresentati da camini aperti).
Interventi in questo settore sono possibili aumentando il tasso di applicazione delle tecnologie pulite ai sistemi di combustione delle biomasse. Per stimare i benefici ambientali dell’applicazione di tali tecnologie Arpa Emilia Romagna ha ipotizzato tre diversi tassi di applicazione delle 5 principali tecnologie di combustione (camino aperto, camino chiuso, stufa tradizionale a legna, stufa automatica a pellets o cippato o Bat legna, stufa o caldaia innovativa).
Per leggere l’articolo dell'Arpat con testo e grafici cliccare qui.
L'uso della biomassa nei settori della produzione di energia e della combustione non industriale è stato incentivato e favorito negli ultimi anni da una parte da politiche e norme europee (Direttiva 2009/28/CE), nazionali (D. Lgs 28/2011 e DM 15/03/2012) e regionali relative all'uso delle rinnovabili, dall'altra dai risparmi - in termini di costo – per quanto riguarda l'impiego di biomassa legnosa per il riscaldamento domestico.
Tali strategie non hanno però prestato particolare attenzione all'impatto negativo sulla qualità dell'aria: le biomasse usate come combustibile provocano infatti l'immissione nell'ambiente di polveri e idrocarburi policiclici aromatici (IPA) (vedi anche notizia del 15/12/2014); le emissioni di inquinanti variano a seconda della modalità di utilizzo della biomassa.
Numerosi sono gli studi che hanno cercato di stimare le emissioni derivanti dall'utilizzo di biomasse legnose sia a livello nazionale che regionale.
I dati dei consumi di biomassa a uso domestico confluiscono quindi nei diversi inventari delle emissioni, che dal canto loro hanno evidenziato un incremento del peso delle emissioni di PM10 primario da parte del riscaldamento degli ambienti, ad oggi una delle più importanti fonti di emissioni in atmosfera, soprattutto nelle regioni con una quota rilevante di territorio montano (vedi anche notizia del 22/04/2014).
In Emilia-Romagna, per esempio, dove la combustione di biomassa per riscaldamento domestico copre solo l’8% del fabbisogno energetico, la combustione di biomasse è responsabile della quasi totalità delle emissioni di PM10 nel settore della combustione non industriale. Le emissioni di PM10 derivanti da attività di combustione di legna e similari per riscaldamento domestico contribuiscono inoltre per il 39% alle emissioni totali, con un contributo relativo alle emissioni di PM10 maggiore di quello dei trasporti (34%).
La stima delle emissioni derivanti dall'uso di biomassa, tuttavia, comporta molte fonti di incertezza dovute ad alcuni elementi critici che riguardano soprattutto:
- indicatori di stima che provengono dai consumi di combustibile, critici per quanto riguarda l'uso di legna da ardere;
- fattori di emissione, che dipendono dal tipo di combustore utilizzato e dalle caratteristiche del combustibile che, nel caso della legna, sono variabili in funzione delle dimensioni del cippato e dal contenuto di umidità.
Per diminuire queste incertezze ed ottenere un quadro dei fattori di emissione quanto più conforme alla realtà italiana, sono state condotte campagne sperimentali per valutare le emissioni dovute all'utilizzo delle principali tipologie di apparecchi di combustione a uso domestico, in “cicli reali”, e utilizzando le essenze legnose di maggior utilizzo, con diverse modalità di stagionatura e alimentazione in camera di combustione.
Di fronte all'evidenza degli effetti negativi sulla qualità dell'aria provenienti dall'impiego di biomassa, nonostante le incertezze evidenziate, sono state introdotte da più amministrazioni alcune misure di contrasto all'inquinamento dovuto all'uso delle biomasse.
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Il Piano aria integrato 2020 dell’Emilia-Romagna stabilisce dunque obiettivi di riduzione non solo delle emissioni primarie di PM, ma anche e principalmente degli inquinanti precursori dell'inquinamento secondario (ossidi di azoto, composti organici volatili, ammoniaca e composti dello zolfo).
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L’obiettivo di riduzione delle emissioni di PM10 e composti organici volatili per più dell’80% si potrebbe ottenere attraverso la sostituzione/controllo degli impianti a biomassa (camini, stufe) utilizzati per il riscaldamento degli edifici (per gli impianti a biomassa è ipotizzato che i sistemi di combustione siano rappresentati da camini aperti).
Interventi in questo settore sono possibili aumentando il tasso di applicazione delle tecnologie pulite ai sistemi di combustione delle biomasse. Per stimare i benefici ambientali dell’applicazione di tali tecnologie Arpa Emilia Romagna ha ipotizzato tre diversi tassi di applicazione delle 5 principali tecnologie di combustione (camino aperto, camino chiuso, stufa tradizionale a legna, stufa automatica a pellets o cippato o Bat legna, stufa o caldaia innovativa).
Per leggere l’articolo dell'Arpat con testo e grafici cliccare qui.
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