Visto quel che è trapelato, si attende con apprensione il Quarto rapporto di valutazione (Fourth Assessment Report, AR4) dell'Intergovernmental Panel on Climate Change, l'organismo scientifico per lo studio dei cambiamenti climatici creato nel 1988 dalla Organizzazione meteorologica mondiale e dal Programma dell'Onu per l'ambiente. Costato 6 anni di lavoro, l'AR4 si è avvalso di 2.500 esperti, conta 800 autori, ha analizzato 130 paesi. Quali conseguenze avrà il 4° parto dell'Ipcc? Si spera che provochi una scossa foriera di azioni, presso i politici e i popoli. Il Telegraph lo scorso dicembre e poi il New York Times pochi giorni fa hanno fatto trapelare alcune anticipazioni a dir poco allarmanti: Ora, repetita iuvant?, la bozza ottenuta dall'inglese The Observer conferma: il riscaldamento del pianeta arriverà più velocemente e con conseguenze più devastanti di quanto si pensasse. I 12 anni sui 13 trascorsi sono stati i più caldi a memoria di registro meteorologico; le temperature degli oceani sono aumentate; il livello dei mari sale di almeno 2 millimetri all'anno; i ghiacciai, le nevi perenni e il permafrost sono diminuiti in entrambi gli emisferi; i giorni e le notti fredde diventano più rari dei giorni e delle notti calde. La frequenza di cicloni, alluvioni e tempeste aumenterà. I deserti si espanderanno. La neve si limiterà a imbiancare le montagne più alte. Il livello dei mari crescerà di circa mezzo metro nel corso del (o anche di un metro). Negli oceani la barriera corallina e gli atolli proseguiranno il loro degrado. Le ondate di calore diventeranno la norma. Saranno decine di milioni i rifugiati ambientali, soprattutto provenienti dalle aree tropicali. Quest'ultimo rapporti dell'Ipcc, basato su sofisticati modelli informatici e osservazioni dettagliatissime sullo stato delle nevi, sui livelli dei mari e sull'ampiezza dei deserti, fa un passo avanti verso il baratro: sostiene che questi cambiamenti sono "estremamente probabili", "quasi certi". L'Ipcc precisa che le emissioni di origine antropica, dovute alle attività umane, hanno avuto un effetto 5 volte maggiore di qualunque fluttuazione nella radiazione solare. Poiché la causa è così ben identificata, le preoccupazioni sul clima domineranno la politica internazionale dei prossimi mesi. È come per gli alcolisti: ammettere di avere un problema è già un primo passo; poi con urgenza bisogna smettere di bere (petrolio, in questo caso).
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Veicoli elettrici - mobilità - tecnologie - ambiente - energia rinnovabile. L'esaurimento delle risorse e le conseguenti ripercussioni politiche ed economiche rendono necessario ridurre la dipendenza dall'importazione di prodotti petroliferi e spingere quindi verso lo sviluppo di fonti energetiche alternative. I veicoli elettrici possono utilizzare tecnologie e risorse nel modo più efficiente.
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2 commenti:
Bello il tuo blog, soprattutto interessante!! Condivido molti dei tuoi punti di vista, anche se sono appassionato, diciamo così, di motori endotermici :)
Infatti andare in giro con auto elettriche sarebbe comodissimo in città, solo che la gente non Vuole esser pronta a fare il passo e acquistarla. Io la penso anche come macchina da usare infrasettimanalmente, per lavoro, spesa, ecc...
Spero proprio che l'Italia e a seguire tutti gli altri, diventi il paese della macchine elettriche!!!con produzione di energia dal vento e dal sole.....
Ah scusa, forse ogni tanto sogno ad occhi aperti.
Per il momento vedi la macchina elettrica come un qualcosa di ulteriore , un lusso, un gadget alla stregua della fotocamera digitale. In realtà essa rappresenta l'unica evoluzione possibile della mobilità urbana ed extraurbana, quando il petrolio scarseggerà, costerà tanto e sarà utilizzato per altri scopi più importanti. C'è da preoccuparsi che i nostri industriali e politici non se ne rendano conto. Mentre il mondo si muove in questa direzione cioè verso la produzione di auto e mezzi di trasporto ibridi ed elettrici, qui in Italia si continua a giocherellare con le macchinine termiche. Finirà il mercato delle auto tradizionali e noi non saremo pronti per affrontare la concorrenza estera. Compreremo e non produrremo niente.
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