I LIMITI DELLO SVILUPPO
Donella H. Meadows Dennìs L. Meadows J0rgen Randers William W. Behrens III
rapporto del System Dynamics Group Massachusetts Institute of Technology (MIT) per il progetto del Club di Roma sui dilemmi dell'umanità
prefazione di Aurelio Peccei
EDIZIONI SCIENTIFICHE E TECNICHE MONDADORI
Il rapporto fatto dal Massachusetts Institute of Technology per conto del Club di Roma, che viene presentato in questo libro dopo essere stato anticipato nell'annuario Scienza e Tecnica 72, fu portato a conoscenza del pubblico per la prima volta nel marzo scorso durante una conferenza alla Smithsonian Institution di Washington a cui parteciparono circa duecento scienziati, umanisti, uomini politici e giornalisti.
La sua diffusione è stata poi rapidissima, come testimoniano le ripetute edizioni in lingua inglese negli Stati Uniti e Inghilterra, seguite da quella olandese, della quale sono state già vendute quasi duecento-mila copie, e da quelle tedesca, francese e giapponese. Traduzioni in altre dieci lingue sono in corso di approntamento. Quindicimila esemplari del rapporto sono stati o verranno inviati in ogni parte del mondo a uomini di cultura e di azione che occupano posizioni chiave nei governi, nelle amministrazioni pubbliche, negli organismi internazionali, nell'industria, nei sindacati, nelle università, nei gruppi giovanili, nelle comunità scientifiche e intellettuali, nelle organizzazioni religiose, negli strumenti di comunicazione di massa, e le cui opinioni e decisioni hanno quindi importanza rilevante nella condotta degli affari umani.
Gli scopi essenziali di questa iniziativa verranno quindi probabilmente raggiunti. Si trattava di accendere per mezzo di questo rapporto un grande dibattito sui Dilemmi dell'Umanità, e di catalizzare in energie innovatrici la diffusa sensazione che, coll'avvento dell'era tecno-logica, qualcosa di fondamentale deve essere modificato nelle nostre istituzioni e nei nostri comportamenti. In effetti, un vero e proprio movimento transnazionale si sta creando in questo senso. Migliaia di commenti, di critiche, di adesioni e di suggerimenti sono apparsi su giornali, riviste e pubblicazioni di ogni genere, o sono stati trasmessi dalla radio e dalla TV in un arco sempre più vasto di paesi; centinaia di conferenze sono state indette su questi argomenti; decine d'indagini e di .studi sono stati intrapresi per approfondire, validare o correggere la ricerca originale del MIT. Da questo confuso travaglio emerge una |una precisa presa di coscienza che urgono visioni e approcci radical-mente nuovi per affrontare la problematica intricata, sconcertante e senza precedenti che attanaglia l'intera società umana, senza grandi distinzioni per il grado di sviluppo o per l'ordinamento politico dei suoi vari componenti.
Mi auguro che la pubblicazione del libro in italiano contribuirà ad ampliare in senso temporale e in senso spaziale l'orizzonte dei nostri interessi, spostandoli dalle questioni immediate o locali — a cui troveremo pur sempre rimedio, per quanto difficili esse siano — per considerare anche quelle ben più complesse e importanti che concernono l'organizzazione della vita di quattro o cinque o sei o sette miliardi di abitanti sul nostro pianeta in condizioni ragionevoli di benessere, di giustizia e di equilibrio con la Natura.
La pubblicazione di questo libro coincide con un periodo di grandi manovre e di grandi incontri politici. Spesseggiano le riunioni che i capi delle nazioni maggiori hanno fra di loro o con i loro alleati e associati, a Washington, a Mosca, a Pechino, in Medio Oriente, a Tokyo e in Europa. Ma anche agli esperti più acuti non è dato di comprendere tra le circonlocuzioni diplomatiche e i peana propagandistici che cosa effettivamente vogliono i potenti della terra, al di là della difesa — a volte meschina e ottusa — di loro interessi immediati, o quanta parte di questa giostra internazionale ha scopi politici o addirittura partitici puramente interni, e quale significato o valore nel tempo possa avere questa sequela di contatti ad alto livello.
Anche la trama indispensabile ancorché debole che tessono gli organismi internazionali si sta infittendo. La Terza Conferenza delle Nazioni Unite sugli Scambi e lo Sviluppo, l'UNCTAD III, testé terminata a Santiago, ha sostanzialmente confermato che i paesi ricchi restano arroccati nelle loro cittadelle dell'affluenza ben decisi a difendere l'ordine mondiale attuale. Ma se tale ordine non cambierà, le prospettive degli altri paesi, più o meno poveri, e uniti solo nel firmare documenti patetici o velleitari, rimarranno oscure, e con esse l'avvenire del mondo, poiché tre quarti dell'umanità continueranno a restare emarginati. Vi è poi la Conferenza di Stoccolma sull'Uomo e il suo Ambiente, già turbata prima dell'inizio da fratture ideologiche, e a cui ricchi o poveri accorrono preoccupati soprattutto di conservare sovrani diritti in casa propria e di partecipare allo sfruttamento delle risorse 'libere' del mondo pagando un prezzo possibilmente inferiore a quello degli altri. Nel 1974 vi sarà un'altra conferenza, quella mondiale sulla popolazione, dove il più esplosivo fenomeno dei nostri tempi verrà misurato e analizzato probabilmente soprattutto come fattore di potere o elemento di negoziato fra vari gruppi di paesi.
Nel frattempo si preparano le grandi trattative del 1973 per riassesta-re i rapporti monetari, commerciali e finanziari tra le nazioni sviluppate a economia di mercato, che vedranno protagonisti gli Stati Uniti, la Comunità Europea allargata e il Giappone. Questi problemi vennero accantonati per dare tempo che si facciano le elezioni americane e il vertice europeo, ma sono così delicati, difficili e intrecciati da far temere che, nonostante il rinvio, i tre grandi interlocutori, pressati da considerazioni interne, finiranno per trattarli con spirito mercantilistico, non con la chiara visione politica che da quanto essi decideranno dipenderà il corso degli eventi su pressoché tutti gli scacchieri mondiali, almeno per parecchi anni.
Da tutto ciò sorgono domande angosciate. Che cosa succede effettivamente in questo mondo piccolo, sempre più dominato da interdipendenze che ne fanno un sistema globale integrato dove l'uomo, la società, la tecnologia e la Natura si condizionano reciprocamente mediante rapporti sempre più vincolanti? Riusciremo ad assorbire in tempo questi concetti di fondo? Che cosa stiamo preparando in questo decisivo decennio degli anni '70? Che relazione ha questo grande spiegamento di attività politiche internazionali con il perdurare di conflitti armati locali — finché resteranno tali in un'epoca di armi di sterminio di massa —, con i fermenti di sofferenza e d'insofferenza di una società in grave travaglio, con gli scoppi di violenza civile che costellano la cronaca di ogni popolo, con le manifestazioni indubbie di crisi economiche, psicologiche, morali, sociali, ecologiche a carattere endemico in grandi zone del nostro globo?
Alcuni sviluppi favorevoli si possono notare: dall'avvio alla riunificazione e dal rilancio dell'Europa all'accettazione dell'Ostpolitik, dal rientro della Cina nel sistema internazionale alla fine prossima della tragedia vietnamita (che però peserà a lungo sulla coscienza di ogni uomo civile), dalla firma di alcuni accordi marginali sul controllo degli armamenti nucleari e dalla prevista conferenza sulla sicurezza europea alla mentalità globalistica — non solo internazionale — che comincia timidamente ad affacciarsi in taluni organismi multinazionali. Sarebbe ingiusto e controproducente minimizzare questi sintomi, e ancor più scoraggiarne la manifestazione.
Però non dobbiamo illuderci. Senza una forte ventata di opinione pubblica mondiale, alimentata a sua volta dai segmenti più creativi della società — i giovani e l''intellighenzia' artistica, intellettuale, scientifica, manageriale — la classe politica continuerà in ogni paese a restare in ritardo sui tempi, prigioniera del corto termine e d'interessi settoriali o locali, e le istituzioni politiche, già attualmente sclerotiche, inadeguate e ciononpertanto tendenti a perpetuarsi, fini-ranno per soccombere. Ciò renderà inevitabile il momento rivoluzionario come unica soluzione per la trasformazione della società umana, affinché essa riprenda un assetto di equilibrio interno ed esterno atto ad assicurarne la sopravvivenza in base alle nuove realtà che gli uomini stessi hanno creato nel loro mondo.
Il dibattito aperto da questo rapporto, anche se utile a innescare questo movimento in forma razionale, ed evitare possibilmente il precipitare di una crisi senza sbocchi, non è che una fase di un processo che deve andare assai più in profondità. Il guasto infatti è profondo, alle radici medesime del nostro tipo di civiltà. Ricerche più avanzate, autocritiche genuine, meditazioni più penetranti saranno necessarie. Se avremo la forza morale per intraprenderle, non solo potremo sperare di correggere il corso degli eventi per evitare il peggio che già si profila per un non lontano futuro, ma potremo forse gettare le basi di una nuova grande avventura dell'uomo, la prima a dimensioni planetarie, quali le sue conoscenze e i suoi mezzi tecnico-scientifici oggidì non solo permettono, ma ormai impongono.
Roma, maggio 1972
AURELIO PECCEI
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