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Fonti: varie
Sole pizza e ammore
Italia. Lavoro, la valanga dei posti in bilico. La Cgil è preoccupata: «Colpite anche le Regioni più ricche».
L’automobile negli Usa vale 4 milioni di posti e il 4% del Pil; per Damiano (che come Santini e molti altri ritiene inevitabile un sostegno al comparto, sia pure mirato alle auto elettriche, a metano o ibride) «in Italia in proporzione l’auto pesa anche di più». Auto vuol dire Fiat, e la Fiat si è fermata. Di botto. A Torino si sono fermati (in Cig) 27mila lavoratori di 450 fabbriche metalmeccaniche, mentre 5.000 precari sono a casa senza un soldo. Si è fermata la Ergom a Termini Imerese, ma la crisi è planetaria, sono a rischio anche colossi come la Gm. È in pericolo quello che Antonio Sansone, segretario nazionale della Fim-Cisl, definisce «l’ampio comparto dell’indotto auto, che in Italia aveva cercato di uscire dalla dipendenza dalla sola Fiat». E nei guai non ci sono solo le «boite», ma anche «grandi» come la Brembo di Alberto Bombassei. Valeria Fedeli, segretario generale dei tessili della Filtea-Cgil, snocciola dati angosciosi. 13mila lavoratori in Cigs: 66 da aziende che hanno chiuso i battenti, 18 lo stanno facendo, 95 hanno dichiarato la crisi, 14 sono in fallimento, 28 con contratti di solidarietà. La Cig ordinaria è aumentata del 20% nell’ultimo mese, poi ci sono le aziende piccole senza tutele. «Totale - afferma la sindacalista - stimiamo 30.000 posti a rischio nel 2008, che possono raddoppiare senza interventi nel 2009». E non sono le imprese marginali, ma i distretti «forti» del Made in Italy: Prato, la lana di Biella, la seta a Como, le calzature a Lecce e Fermo, la maglieria a Carpi, l’occhialeria nell’opulenta Belluno. Il suo collega della Fillea-Cgil, Walter Schiavella, ricorda la crisi gravissima della Natuzzi e dell’intero distretto del salotto in Puglia e Basilicata: oltre tremila in cassa integrazione, delle 500 aziende e 14.000 addetti di sei anni fa sono rimasti rispettivamente in 150 e 8.000.
Estratto qui
(immagine: Salvador Dalì-Tavolo)
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