Dal trattato con Canada rischia lavoro, economia e salute dei cittadini. Ancora una volta il settore agroalimentare è divenuto merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale e della sicurezza. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo in occasione della mobilitazione di migliaia di agricoltori che hanno lasciato le campagne per invadere la Capitale in Piazza Montecitorio, davanti al Parlamento dove è in corso la discussione per la ratifica del Trattato di libero scambio con il Canada (CETA).
“E’ necessaria – sottolinea Moncalvo - una valutazione ponderata e approfondita dell’argomento, soprattutto in considerazione della mancanza di reciprocità tra modelli produttivi diversi che grava sul trattato” ha sottolineato Moncalvo all’iniziativa #stopCETA condivisa con un'inedita ed importante alleanza con altre organizzazioni (Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food, Federconsumatori e Fair Watch) che chiedono di bocciare un trattato dannoso e pericoloso per l’Italia e l’Europa.
Nel CETA – sottolinea la Coldiretti - manca il riferimento alla portata vincolante del principio di precauzione che, in Europa, impone una condotta cautelativa nelle decisioni che riguardano questioni scientificamente controverse circa i possibili impatti sulla salute o sull’ambiente. L’accordo - precisa la Coldiretti - prevede, al contrario, l’applicazione del principio di equivalenza delle misure sanitarie e fitosanitarie tra le parti, consentendo di ottenere il mutuo riconoscimento di un prodotto (e, quindi, di evitare nuovi controlli nel paese in cui verrà venduto), dimostrandone l’equivalenza con quelli commercializzati dalla controparte.
Il problema è che in Canada viene utilizzato un numero rilevante di sostanze attive vietate nel Ue. Gran parte di queste sono molecole risalenti agli anni ’70 vietate nell’Unione da circa 20 anni, tra cui l’Acefato, il Carbaryl, il Carbendazim, il Fenbutatin oxide, il Paraquat l’Acido solforico per i quali, oltre all’elevata tossicità riscontrata, sono comprovati, o comunque non sono esclusi, effetti neurotossici, cancerogeni, sulla mutagenesi, sulla riproduzione e, più in generale, sugli ecosistemi. In Canada, inoltre, è consentito l’uso della streptomicina impiegata per la lotta alle batteriosi delle colture, mentre in Italia l’utilizzo di antibiotici in agricoltura è proibito sin dal 1971. Analogamente nel paese nordamericano – ricorda la Coldiretti - vi è un diffuso impiego di Ogm nei campi e di ormoni negli allevamenti che sono anch’essi vietati in Italia.
Nei trattati - precisa Moncalvo - va riservata all’agroalimentare una specificità che tuteli la distintività della produzione fermando una escalation che mette a rischio la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e la libertà di scelta dei consumatori. E’ il caso delle condizioni favorevoli che sono state concesse al Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli, zucchine, aglio, olio di oliva, all’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi, oltre all’olio di oliva dalla Tunisia ma a pesare - conclude la Coldiretti - sono pure gli effetti dell’embargo Russo che è costato all’Italia quasi un miliardo di euro nel solo settore agroalimentare.
UE: Coldiretti, +15% sbarchi grano Canada desertificano l’Italia
Con la prospettiva dell’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada sono aumentati del 15% gli sbarchi di grano duro del Paese nordamericano in Italia nei primi due mesi del 2017, con manovre speculative che stanno provocando la scomparsa della coltivazione in Italia. E’ l’allarme lanciato dalla Coldiretti in occasione della mobilitazione di migliaia di agricoltori che hanno lasciato le campagne per invadere la Capitale in Piazza Montecitorio davanti al Parlamento dove è in corso la discussione per la ratifica del Trattato di libero scambio con il Canada. Un Trattato che – denuncia la Coldiretti - spalanca le porte all’invasione dal paese nordamericano di grano, la principale coltivazione dell’Italia particolarmente diffusa nelle aree piu’ deboli del Paese ma che prevede anche il via libera all’importazione a dazio zero per circa 75.000 tonnellate di carni suine e 50.000 tonnellate di carne di manzo dal Canada dove vengono utilizzati ormoni per l’accrescimento vietati in Italia.
L’iniziativa #stopCETA è condivisa con un'inedita ed importante alleanza con altre organizzazioni (Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food, Federconsumatori e Fair Watch) che chiedono di fermare un trattato sbagliato e dannoso per l’Italia.
“La concorrenza sleale provocata dalle importazioni spacciate come tricolori ha provocato il taglio dei prezzi pagati ai produttori agricoli sotto i costi di produzione, con la decimazione delle semine di grano che in Italia sono crollate del 7,3% per un totale di 100mila ettari raccolti in meno” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “in pericolo non ci sono solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano, ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy”.
Oggi, con le quotazioni del grano a 24 centesimi al chilo - denuncia la Coldiretti – gli agricoltori italiani ne devono vendere più di 4 chili per poter acquistare un caffè. Una realtà che - sostiene la Coldiretti - rischia di essere aggravata dall'approvazione del CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) con il Canada, che prevede l’azzeramento strutturale dei dazi indipendentemente dagli andamenti di mercato. Circa la metà del grano importato dall’Italia arriva, infatti, proprio dal paese nordamericano dove – continua la Coldiretti - le lobby in vista dell’accordo CETA sono già al lavoro contro l’introduzione in Italia dell’obbligo di indicazione della materia prima per la pasta previsto per decreto e trasmesso all’Unione Europea, trovando purtroppo terreno fertile anche in Italia.
Una necessità per nascondere ai consumatori il fatto che già lo scorso anno sono arrivate in Italia oltre un milione di tonnellate dal Canada dove viene fatto un uso intensivo di glifosato nella fase di pre-raccolta per seccare e garantire artificialmente un livello proteico elevato che è però vietato in Italia perché accusato di essere cancerogeno. In assenza dell’etichetta di origine non è possibile - sottolinea la Coldiretti - conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma si impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionali e, con esse, il lavoro e l’economia nazionali. L’81% dei consumatori italiani - continua la Coldiretti - ritiene che la mancanza di etichettatura di origine nella pasta possa essere ingannevole secondo la consultazione pubblica on line sull'etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle Politiche Agricole.
Per denunciarne i rischi gli agricoltori della Coldiretti hanno distribuito sacchetti di grano canadese con la scritta “"No al grano canadese con glifosato in preraccolta vietato in Italia". Tale sostanza chimica è stata vietata in pre raccolta in Italia dal 22 agosto 2016, con l’entrata in vigore del decreto del Ministero della Salute, perché accusata di essere cancerogena. Un pericolo quindi anche per i consumatori visto che i cereali stranieri risultati irregolari per il contenuto di pesticidi sono praticamente il triplo di quelli nazionali, a conferma della maggiore qualità e sicurezza del Made in Italy, sulla base del rapporto sul controllo ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari negli alimenti divulgato l’8 giugno 2017 dal Ministero della Salute. I campioni con un contenuto fuori legge di pesticidi - conclude la Coldiretti – sono pari allo 0,8% nel caso di cereali stranieri mentre la percentuale scende ad appena lo 0,3% nel caso di quelli di produzione nazionale.
Fonte: Coldiretti 5 Luglio 2017
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