Dal tempo della prima grande crisi del petrolio, cominciata nel 1973, la percezione del problema della disponibilità di petrolio ha un andamento ciclico. Ottimismo e pessimismo sembrano dipendere più che altro dai prezzi, non tanto dal loro valore assoluto quanto dalla loro tendenza al rialzo o al ribasso: quando i prezzi sono in salita si sente di più la voce dei “catastrofisti”; il contrario accade quando scendono, con gli “abbondantisti” che si fanno sentire maggiormente.
La recente tendenza al calo dei prezzi petroliferi, che pure rimangono molto alti rispetto a quelli precedenti il 2004, sembra aver innescato una nuova fase di ottimismo, ben rappresentata dalle posizioni espresse recentemente da Leonardo Maugeri; ma non solo da lui, si veda per esempio la relazione annuale di Pasquale De Vita dell’Unione Petrolifera.
Ci troviamo oggi in una situazione estremamente complessa per quanto riguarda il futuro estrattivo di petrolio e gas naturale. Se da una parte vediamo consolidarsi la tendenza al declino delle fonti convenzionali, dall’altra l’industria ha fatto grandi investimenti in impianti e nuove tecnologie, soprattutto per sviluppare fonti non convenzionali (olii pesanti, tight oil, deep water, ecc.) di combustibili liquidi la cui produzione è in netta crescita.
In certe aree, come negli Stati Uniti, si è vista addirittura una crescita inaspettata dei volumi estratti, che ha interrotto una tendenza al declino invariata da decenni. L’industria petrolifera mondiale non è stata in grado di mantenere la crescita della produzione globale (sostanzialmente statica da ormai 5-6 anni) che perdurava dal tempo della prima crisi del petrolio, ma è riuscita perlomeno a evitarne il declino, cioè ad allontanare il picco globale di produzione.
Secondo la linea di pensiero di Maugeri, se i prezzi si mantengono alti continuerà l’espansione delle risorse non convenzionali, e così non solo non avremo il picco a breve scadenza, ma vedremo un aumento netto di produzione di combustibili liquidi da qui al 2020.
In un suo recente documento si osserva giustamente che i giorni del petrolio a 10 dollari al barile sono probabilmente finiti, e che quello oggi costoso potrebbe diventare domani a buon mercato grazie all’innovazione tecnologica; tuttavia i 70 dollari indicati come limite inferiore per supportare questo nuovo boom estrattivo potrebbero esser mal digeriti da un sistema economico già in affanno. L’analisi ignora poi i fattori fisici legati all’estrazione, in particolare il rapporto fra l’energia spesa per estrarre petrolio e quella ottenuta dallo stesso.
Tale rapporto, generalmente indicato come EROEI (Energy Return On Energy Invested), per i petroli non convenzionali dell’attuale nuova nuova produzione si colloca nell’intervallo fra 1,5 e 5. Tale dato deve essere confrontato con i valori di EROEI del greggio convenzionale, che si attestano oggi su valori fino a un ordine di grandezza maggiori, mentre se si confrontano i valori di EROEI del petrolio non-convenzionale estratto attualmente con quelli del petrolio prodotto nella prima metà del secolo scorso, si scende di oltre due ordini di grandezza.
Assistiamo dunque a un indubbio successo dell’industria petrolifera, consistente nel mantenere inalterato il livello di produzione dei volumi di combustibili liquidi, ma senza menzione riguardo al declino dell’energia netta che tali combustibili sono in grado di fornire. Infatti, se con un valore di EROEI = 20 l’energia netta disponibile è pari al 95% di quella totale ricavata, nel caso in cui tale valore sia 5 si scende all’80% e al di sotto di 2 l’energia netta si riduce a meno del 50%.
Questa è la realtà fisica del concetto di esaurimento delle risorse petrolifere. Il problema non è la loro fine, ma il fatto che costano sempre più energia per essere estratte e dunque costano sempre più care, al netto dei singulti speculativi sui mercati delle commodities.
Inoltre l’impiego di tecnologie sempre più raffinate e complesse, necessarie per superare le crescenti difficoltà che si incontrano nello sfruttamento dei pozzi, aumenta la tensione del sistema. Quando risulterà impossibile andare oltre, non potrà che determinarsi un crollo rovinoso dei quantitativi estratti. Di tutto ciò, nel documento di Maugeri non vi è traccia.
La diversa visione del mondo che noi abbiamo rispetto agli abbondantisti, fra i quali poniamo De Vita e Maugeri, si riassume in due frasi diverse e allo stesso tempo simili: per gli ottimisti “c’è ancora molto petrolio e dunque non ci sono problemi”; per noi “c’è ancora molto petrolio, ma ci sono dei problemi”.
Cosa ci possiamo aspettare per il futuro in definitiva? Come sempre, fare previsioni è pericoloso ma una cosa è certa: il petrolio non è mai stato gratis e questo fatto non è destinato a cambiare; in futuro il prezzo aumenterà via via che ne resta di meno. E a un certo punto scopriremo che non possiamo più permettercelo. Questo è quello che sta succedendo in Italia dove da anni stiamo assistendo a un declino dei consumi petroliferi in corrispondenza dell’aumento dei prezzi sul mercato internazionale. Da noi, il picco del petrolio è già arrivato nel 2002.
Quanto esposto si limita a considerare la questione energetica. Se si vogliono esaminare anche gli aspetti più generali di overshoot ecologico della società globale, si dovrebbe dire: “c’è ancora molto petrolio e dunque ci sono problemi”. Perché, se proveremo a sfruttare le riserve non convenzionali fino alle estreme conseguenze, i costi economici, ecologici e sociali dell'atto finale dell'era delle fonti fossili, già oggi molto alti, diventeranno insostenibili (Global Footprint Network. Annual report 2011).
La recente tendenza al calo dei prezzi petroliferi, che pure rimangono molto alti rispetto a quelli precedenti il 2004, sembra aver innescato una nuova fase di ottimismo, ben rappresentata dalle posizioni espresse recentemente da Leonardo Maugeri; ma non solo da lui, si veda per esempio la relazione annuale di Pasquale De Vita dell’Unione Petrolifera.
Ci troviamo oggi in una situazione estremamente complessa per quanto riguarda il futuro estrattivo di petrolio e gas naturale. Se da una parte vediamo consolidarsi la tendenza al declino delle fonti convenzionali, dall’altra l’industria ha fatto grandi investimenti in impianti e nuove tecnologie, soprattutto per sviluppare fonti non convenzionali (olii pesanti, tight oil, deep water, ecc.) di combustibili liquidi la cui produzione è in netta crescita.
In certe aree, come negli Stati Uniti, si è vista addirittura una crescita inaspettata dei volumi estratti, che ha interrotto una tendenza al declino invariata da decenni. L’industria petrolifera mondiale non è stata in grado di mantenere la crescita della produzione globale (sostanzialmente statica da ormai 5-6 anni) che perdurava dal tempo della prima crisi del petrolio, ma è riuscita perlomeno a evitarne il declino, cioè ad allontanare il picco globale di produzione.
Secondo la linea di pensiero di Maugeri, se i prezzi si mantengono alti continuerà l’espansione delle risorse non convenzionali, e così non solo non avremo il picco a breve scadenza, ma vedremo un aumento netto di produzione di combustibili liquidi da qui al 2020.
In un suo recente documento si osserva giustamente che i giorni del petrolio a 10 dollari al barile sono probabilmente finiti, e che quello oggi costoso potrebbe diventare domani a buon mercato grazie all’innovazione tecnologica; tuttavia i 70 dollari indicati come limite inferiore per supportare questo nuovo boom estrattivo potrebbero esser mal digeriti da un sistema economico già in affanno. L’analisi ignora poi i fattori fisici legati all’estrazione, in particolare il rapporto fra l’energia spesa per estrarre petrolio e quella ottenuta dallo stesso.
Tale rapporto, generalmente indicato come EROEI (Energy Return On Energy Invested), per i petroli non convenzionali dell’attuale nuova nuova produzione si colloca nell’intervallo fra 1,5 e 5. Tale dato deve essere confrontato con i valori di EROEI del greggio convenzionale, che si attestano oggi su valori fino a un ordine di grandezza maggiori, mentre se si confrontano i valori di EROEI del petrolio non-convenzionale estratto attualmente con quelli del petrolio prodotto nella prima metà del secolo scorso, si scende di oltre due ordini di grandezza.
Assistiamo dunque a un indubbio successo dell’industria petrolifera, consistente nel mantenere inalterato il livello di produzione dei volumi di combustibili liquidi, ma senza menzione riguardo al declino dell’energia netta che tali combustibili sono in grado di fornire. Infatti, se con un valore di EROEI = 20 l’energia netta disponibile è pari al 95% di quella totale ricavata, nel caso in cui tale valore sia 5 si scende all’80% e al di sotto di 2 l’energia netta si riduce a meno del 50%.
Questa è la realtà fisica del concetto di esaurimento delle risorse petrolifere. Il problema non è la loro fine, ma il fatto che costano sempre più energia per essere estratte e dunque costano sempre più care, al netto dei singulti speculativi sui mercati delle commodities.
Inoltre l’impiego di tecnologie sempre più raffinate e complesse, necessarie per superare le crescenti difficoltà che si incontrano nello sfruttamento dei pozzi, aumenta la tensione del sistema. Quando risulterà impossibile andare oltre, non potrà che determinarsi un crollo rovinoso dei quantitativi estratti. Di tutto ciò, nel documento di Maugeri non vi è traccia.
La diversa visione del mondo che noi abbiamo rispetto agli abbondantisti, fra i quali poniamo De Vita e Maugeri, si riassume in due frasi diverse e allo stesso tempo simili: per gli ottimisti “c’è ancora molto petrolio e dunque non ci sono problemi”; per noi “c’è ancora molto petrolio, ma ci sono dei problemi”.
Cosa ci possiamo aspettare per il futuro in definitiva? Come sempre, fare previsioni è pericoloso ma una cosa è certa: il petrolio non è mai stato gratis e questo fatto non è destinato a cambiare; in futuro il prezzo aumenterà via via che ne resta di meno. E a un certo punto scopriremo che non possiamo più permettercelo. Questo è quello che sta succedendo in Italia dove da anni stiamo assistendo a un declino dei consumi petroliferi in corrispondenza dell’aumento dei prezzi sul mercato internazionale. Da noi, il picco del petrolio è già arrivato nel 2002.
Quanto esposto si limita a considerare la questione energetica. Se si vogliono esaminare anche gli aspetti più generali di overshoot ecologico della società globale, si dovrebbe dire: “c’è ancora molto petrolio e dunque ci sono problemi”. Perché, se proveremo a sfruttare le riserve non convenzionali fino alle estreme conseguenze, i costi economici, ecologici e sociali dell'atto finale dell'era delle fonti fossili, già oggi molto alti, diventeranno insostenibili (Global Footprint Network. Annual report 2011).
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