Un albero artificiale di circa 1,90 metri ha un’impronta di carbonio equivalente a circa 40 chili di emissioni di gas serra, che è più di 10 volte quello di un albero vero utilizzato dopo le feste come pellet per combustibile che pero’ se viene riciclato o coltivato in un vaso o in giardino, può avere emissioni trascurabili o addirittura negative. E’ quanto afferma la Coldiretti sulla base dello studio pubblicato dal The Guardian.
A determinare la maggior parte dell’impronta di carbonio dell’albero di plastica è – sottolinea la Coldiretti - la sua fabbricazione, a partire dal petrolio alla quale si aggiungono le emissioni industriali derivanti dalla produzione dell’albero e la spedizione per lunghe distanze prima di arrivare al negozio, se si tiene conto che la maggioranza ha origine in Cina a circa novemila chilometri di distanza dall’Italia. La maggior parte degli alberi finti – continua la Coldiretti sono in PVC, una plastica notoriamente difficile se non impossibile da riciclare perché richiede attrezzature speciali.
L’albero naturale di Natale trova spazio quest’anno nelle case di 3,6 milioni di famiglie per una spesa media di 33 euro, come conseguenza della tendenza dei consumatori ad acquistare degli abeti di varietà particolari ma anche più costose rispetto al più tradizionale abete rosso, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’ dalla quale emerge anche che l’albero di Natale è irrinunciabile per l’81% delle famiglie italiane secondo una tradizione consolidata anche se la maggioranza di oltre sette italiani su dieci sceglie ancora l’albero finto.
Oltre che per l’altezza i prezzi dell’albero vero variano a seconda delle varietà ma complessivamente, comunque, – precisa la Coldiretti – gli abeti più piccoli che non superano il metro e mezzo saranno venduti anche quest’anno a prezzi variabili tra i 10 e i 60 euro a seconda della misura, della presenza delle radici ed eventualmente del vaso, mentre per le piante di taglia oltre i due metri il prezzo sale anche a 200 euro per varietà particolari. La vendita avviene nei vivai, nella grande distribuzione, presso i fiorai, nei garden, ma ottime occasioni si trovano anche in molti mercati degli agricoltori di Campagna Amica.
L’albero naturale italiano concilia il rispetto della tradizione con quello dell’ambiente a differenza delle piante di bassa qualità importate dall’estero che raggiungono l’Italia dopo un lungo trasporto con mezzi inquinanti. In Italia gli alberi naturali – informa la Coldiretti – sono coltivati soprattutto nelle zone montane e collinari in terreni marginali altrimenti destinati all’abbandono e contribuiscono a migliorare l’assetto idrogeologico delle colline ed a combattere l’erosione e gli incendi. Grazie agli alberi di Natale è quindi possibile mantenere la coltivazione in molte aree di montagna con il terreno lavorato, morbido e capace di assorbire la pioggia in profondità prima di respingerla verso valle evitando i pericoli delle frane, mentre la pulizia dai rovi e dalle sterpaglie diminuisce il pericolo d’incendi.
Gli abeti utilizzati come ornamento natalizio – rileva la Coldiretti – derivano per circa il 90 per cento da coltivazioni vivaistiche mentre il restante 10 per cento (cimali o punte di abete) dalla normale pratica forestale che prevede interventi colturali di “sfolli”, diradamenti o potature indispensabili per lo sviluppo e la sopravvivenza del bosco. In Italia la coltivazione dell’albero di Natale è concentrata prevalentemente in Toscana (province di Arezzo e Pistoia) ed in Veneto. Niente a vedere con le piante di plastica che – conclude Coldiretti – arrivano molto spesso dalla Cina e non solo consumano petrolio e liberano gas ad effetto serra per la loro realizzazione e il trasporto, ma impiegano oltre 200 anni prima di degradarsi nell’ambiente.
Fonte: Coldiretti
Se la mettiamo su questo piano allora basta conservare l'albero di plastica per 11 anni ed inquina meno di quello naturale.
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