giovedì 5 luglio 2012

Fame di terre rare

La questione delle 'terre rare' è diventato un problema per il Giappone da quando la Cina ha deciso di contingentarle limitando l'esortazione ad un certo quantitativo determinato di anno in anno.
Come sappiamo le terre rare sono necessarie e indispensabili per alcune parti dei prodotti high-tech di cui il Giappone è un grande consumatore per la realizzazione di strumenti e beni che pi vengono esportati in tutto il mondo. C'è chi dice che per alcuni anni a venire vi sarà un surplus a causa del rallentamento dell'economia a livello globale ma solo a pensare ad un possibile pericolo di non riuscire a produrre perché mancano questi elementi indispensabili ha messo in agitazione non solo il Giappone ma anche altre grandi nazioni. Gli Usa hanno trovato una parziale soluzione andando a rivangare negli scarti di miniere aperte al fine di estrarre altri minerali. Altre attività illegali non possono tranquillizzare il mondo produttivo nel momento in cui tornasse prepotentemente la richiesta di prodotti tecnologici, cioè non si può fare affidamento ai  pirati delle miniere delle terre rare e neppure a surrogati quali gli elementi sintetici o sostituendoli grazie alla ricerca nei laboratori nazionali. Quindi il Giappone va alla ricerca di partner diversificando la provenienza delle terre rare come l'india o il  Kazakistan per il  disprosio o a caccia di grandi quantità nei fondali marini del Pacifico più o meno lontano dalle proprie coste nelle isole dell'arcipelago nipponico.
Uno di questi 'campi fertili' con grande disponibilità di minerali è stato individuato  l'anno scorso dai ricercatori nipponici  in mare aperto nell'Oceano Pacifico, una quantità tale stimata per oltre 200 anni di consumo interno in Giappone. I ricercatori, guidati da Yasuhiro Kato (raffigurato nella foto in alto a destra), professore di risorse della terra presso l'Università di Tokyo, hanno prelevato campioni di fango per essere analizzati in quattro posizioni dai fondali da circa 5.600 a 5.800 metri di profondità intorno Minamitorishima, un'isola a circa 2.000 chilometri a sudest di Tokyo nella catena di isole Ogasawara. Secondo l'analisi, i minerali, le terre rare, le cui concentrazioni sono state misurate fino a 1.700 parti per milione (ppm) sono contenute in uno starato di fango di 30 metri di spessore di fango prelevato da un fondo del mare a circa 310 chilometri a sud ovest di Minamitorishima. Le concentrazioni medie sono superiori a 1.000 ppm, e a giudicare da tali ricerche si stima che i letti marini fangosi  contengono i minerali distribuiti su una vasta area di 1.000 chilometri quadrati nel mare e che la quantità dei depositi raggiunge 6,8 milioni di tonnellate. Una notevole quantità considerando che nel 2010, il consumo interno di  terre rare in Giappone era di circa 27.000 tonnellate. Questa è l'aspetto positivo della notizia, mentre il lato negativo viene dal fatto che l'estrazione dal mare profondo pone sfide importanti rispetto ai campi di sfruttamento terrestri richiedendo un'ulteriore sviluppo di tecnologia estrattiva e investimenti massicci, con prospettive di successo del tutto incerte. Tuttavia, sia l'industria che il primo ministro ministro Yukio Edano hanno espresso la volontà di continuare la ricerca nei fondali oceanici durante una conferenza stampa tenuta il 29 Giugno u.s. per verificare la quantità di terre rare che riuscirà a prelevare.



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